Tratto da una storia vera, Jumbo è il primo film della regista belga Zoé Wittock che esordisce al lungometraggio dopo aver curato svariate seconde unità e aver realizzato quattro cortometraggi.
Jeanne è una ragazza timida che lavora come inserviente all’interno di un Luna Park. Vive assieme alla madre, un’eccentrica cameriera di una tavola calda che ha il desiderio di vedere sistemata la figlia. Jeanne passa il tempo libero a costruire delle giostre in miniatura con oggetti di scarto e vecchi rottami che grazie alle luci a led diventano magici.
Durante i turni di lavoro la ragazza s’innamora pian piano di Jumbo, una giostra dai poteri misteriosi che comunica attraverso le sue luci. Jeanne condivide il suo amore alla madre, che esasperata dalle stranezze della figlia, la caccia di casa.
Il film non riesce, però, a mescolare bene i livelli in cui si muove. Il reale e l’immaginario sono nettamente divisi tra loro, lo spettatore non viene risucchiato nell’organismo di Jeanne [Noémie Merlant] impedendogli di vedere altro se non il suo disturbo mentale e la sua devianza sessuale.
La fantascienza viene lasciata in secondo piano rispetto al reale risultando debole e poco credibile. La regista prende ispirazione dalla storia di Erika LaBrie, una cadetta americana che dopo un tentativo di stupro s’innamora della spada di legno con cui si è difesa.
Erika inizia ad avere una morbosa attrazione verso diversi oggetti. Dopo una prima esperienza con il muro di Berlino, s’innamora perdutamente della Tour Eiffel di Parigi, tanto da portarla a cambiare il suo cognome in Eiffel.
Questo comportamento sessuale atipico fa parte delle parafilie e viene definito “oggettofilia”.
L’idea alla base del film è originale, ma il rapporto con l’oggetto del desiderio viene sviluppato frettolosamente e freddamente. La tanto attesa scena d’amore con Jumbo è priva di pathos, non è ne erotica e ne delicata.
Il grasso che fuoriesce e avvolge la giovane è un’allusione al divenire donna, uscire dalla dimensione adolescenziale per entrare in quella adulta. L’ansia da prestazione, il timore, l’angoscia per l’ignoto turbano la vita di Jeanne. Ha difficoltà a rapportarsi con il corpo maschile, ne è intimorita e allo stesso tempo disgustata. Concedendosi al suo capo dopo essere stata salvata dalla pioggia, Jeanne prova a essere normale, prova ad avere l’amore che la società considera tale. Il modo in cui contrae il corpo e la staticità con cui partecipa all’atto mentre lui la penetra alle spalle, è freddo e distaccato, quasi interiormente disgustata dallo stesso uomo.
Forse un trauma dovuto alla mancanza di una figura paterna e contemporaneamente all’assenteismo materno. L’incomprensione generazionale nel rapporto con la madre [Emmanuelle Bercot]. L’unico che sembra comprendere il suo amore è il compagno di lei, Hubert [Sam Louwyck], che pone la madre di fronte all’amara verità: teme il giudizio della gente.
Giulio Golfieri [RATS]
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JUMBO
Regia: Zoé Wittock
Con: Noémie Merlant, Emmanuelle Bercot, Sam Louwyck
Uscita in sala in Italia: /
Sceneggiatura: Zoé Wittock
Produzione: Insolence Productions, Kwassa Films, Les Films Fauves
Distribuzione: WtFilms
Anno: 2020
Durata: 93’