Pixar è sinonimo di garanzia. Non ricordiamo davvero una pellicola – cortometraggio o lungometraggio che sia – prodotta dallo studio di animazione digitale più famoso del mondo, che non sia ottimamente riuscita e che non abbia potenzialità visive e narrative uniche. Quando poi alla Pixar si accosta il nome di Pete Docter, allora c’è già quasi la certezza di un capolavoro.
Dopo anni di attesa, dopo lo slittamento in sala causa pandemia che lo ha poi portato – come tanti suoi simili, figli del 2020 – alla rassegnazione alla piattaforma e dopo le chiacchieratissime anteprime nei festival, è finalmente disponibile sulla piattaforma Disney+, Soul: una grandissima sfida della casa di produzione californiana.
Se per lo spessore delle tematiche trattate e per la capacità di scavare negli abissi dell’animo umano, Soul può essere considerato in qualche modo il fratello minore di Inside Out, la pellicola si pone stavolta un obiettivo estremamente più grande: raccontare a un target fanciullesco la morte e la ricerca del senso della vita.
Joe, il nostro protagonista, aspirante pianista jazz che ha dovuto ripiegare su una carriera da insegnante, riesce finalmente a ottenere la sua grande occasione: esibirsi in concerto con la famosa sassofonista Dorothea Williams. Purtroppo, però, a causa di un banale incidente, Joe muore e lo fa nei primi dieci minuti di pellicola, ancor prima dell’arrivo dei titoli di testa.
È infatti proprio questo evento tragico che dà il via al racconto. L’anima del nostro protagonista, però, non accetta la sua dipartita e, riuscito a scappare dal grande nulla, Joe si ritroverà catapultato nell’Antemondo, una dimensione in cui le anime non ancora nate formano la loro personalità. Qui incontrerà Ventidue, una giovane anima ribelle che si rifiuta di venire al mondo poiché non sa trovare la sua scintilla di vita.
Soul racconta l’avventura di questi due opposti: un uomo che si aggrappa con ogni sua forza all’ultimo, flebile, briciolo di vita a lui rimasto e un’anima che, invece, di cominciare a vivere proprio non vuole saperne.
Innanzitutto, ci preme dire che Soul è un’esperienza visiva meravigliosa, originale, incredibilmente coinvolgente. È un film che nasce per la sala e che avrebbe indubbiamente dato il meglio di sé sul grande schermo.
La rappresentazione grafica dell’Antemondo e delle creature che lo abitano è senz’altro un unicum, riconducibile nel panorama dell’animazione cinematografica solo e soltanto a Inside Out. Come per la penultima fatica di Pete Docter, infatti, vediamo qui magnificamente rappresentati concetti astratti, idee filosofiche, nozioni impalpabili relative all’inconscio umano, eppure dall’efficacia grafica disarmante. Una capacità visionaria indiscussa quella dei concept artist Pixar, che riescono magistralmente e in maniera universale ad interpretare graficamente quanto di più astratto ci sia al mondo: la morte. La regia è attenta ed efficace, estremamente cinematografica eppure comunicativa e adeguata al prodotto.
La narrazione non sbaglia un colpo: procede in maniera ritmata e coinvolgente, ricca di colpi di scena e di quella comicità caratteristica che è diventata un marchio di fabbrica dello studio californiano. Anzi, se c’è da trovare un difetto in Soul, si può rintracciare proprio in questo ritmo forsennato che, forse, nel caso di un racconto così delicato, avrebbe dovuto concedere un po’più di respiro.
Soprattutto nel primo atto [nella prima mezz’ora di film, per intenderci] tutto accade perfino troppo in fretta, senza dare il tempo allo spettatore di assimilare fino in fondo concetti dal peso filosofico così importante. Per fare un esempio, la rappresentazione delle anime dannate è incredibilmente affascinante e ricca di significato, che quasi pare buttata via se raccontata così di striscio, come un surplus, perché altrimenti non ci sarebbe stato abbastanza tempo per raccontare l’avventura di Joe. Un bisogno di rapidità e di ritmo comprensibile quando si parla di un film per bambini ma che tuttavia, in questo caso, appare come un modus operandi frettoloso e, pertanto, caotico. Tanto che – per esperienza di chi scrive – probabilmente Soul si riesce ad apprezzare profondamente in ogni sua sfumatura soltanto dopo una seconda visione. Lo stesso andare di fretta ci preclude una presentazione dei personaggi adeguata, perfino dello stesso Joe a cui, proprio per questo, si fa fatica ad affezionarsi.
Insomma, Soul è un film incredibile, divertente, entusiasmante, originale, coinvolgente, ma la sua pecca è quella di durare troppo poco. È chiaro che la durata limitata sia stata una scelta data dal target, ovvero principalmente bambini, ma è pur vero che la Pixar è maestra nel riuscire a calibrare i suoi prodotti per un pubblico più vasto possibile, riuscendo in una comunicazione a più livelli, che parla a tutti con messaggi ad hoc per ogni fascia d’età. In questo caso, però, vista l’ambizione già di per sé altissima, ci si sarebbe potuti spingere un po’ più in là e tentare il tutto per tutto: se, al posto di 100 minuti, ci si fosse allungati anche solo a centoventi, si sarebbe dato alla pellicola un altro respiro, più adulto forse, ma certamente più godibile.
In ogni caso, Soul si conferma l’ennesima certezza di mamma Pixar e papà Docter, una pellicola che è già entrata a far parte dei classici e che è impossibile non apprezzare. Siamo già ansiosi di conoscere quale sarà il loro prossimo film, con l’ormai concreta speranza di potercelo finalmente godere nel buio e nell’esperienza collettiva della sala cinematografica.
Irene Scialanca
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SOUL
Regia: Pete Docter, Kemp Powers
Uscita Disney+ in Italia: venerdì 25 dicembre 2020
Sceneggiatura: Pete Docter, Kemp Powers, Mike Jones
Produzione: Pixar Animation Studios, Walt Disney Studios
Distribuzione: Disney+
Anno: 2020
Durata: 100’