È disponibile dal cinque marzo sulla piattaforma Disney+ con accesso VIP, il 59esimo film animato prodotto della Casa di Topolino.
Raya e l’ultimo drago è una favola solida che riecheggia grandi classici Disney come Pocahontas o Mulan. Tuttavia, la pellicola diretta da Don Hall e Carlos López Estrada, modernizza la narrazione disneyana ponendo al centro l’inclusività, il perdono e la necessità di andare oltre la figura stereotipata dell’eroe, scavando ancora più nettamente il solco iniziato da Zootropolis e Frozen 2.
Ambientato nell’immaginario regno di Kumandra, Raya e l’ultimo drago racconta di un’antica civiltà nella quale umani e draghi vivevano insieme in pace e in amicizia, fino a quando la minaccia dei terribili mostri Druun ha fatto sì che i draghi sacrificassero le loro vite per proteggere l’umanità.
Tale sacrificio però non sortì il risultato sperato. Cinquecento anni dopo, il Regno di Kumandra è diviso e in guerra tra le diverse tribù che popolano e come se questo non bastasse, i Druun sono tornati. Sarà compito di Raya, giovane e coraggiosa guerriera, mettersi alla ricerca dell’ultimo Drago acquatico vivente, Sisu, per combattere i malvagi Druun e riunire così il suo Regno.
È davvero interessante il percorso di rinnovamento del “classico” che lo Studio americano sta ponendo in essere: se la struttura del racconto e la forza della visione seguono una direttiva consolidata e tecnicamente infallibile, l’approccio alla creazione dell’eroe e del suo opposto si fa sempre più fluido e difficilmente distinguibile. Come già successo in Frozen o Ralf Spacca Internet, anche in Raya e l’Ultimo Drago la figura del protagonista – inteso come personaggio positivo per il quale fare il tifo – assume un aspetto più complesso e soprattutto, non votato esclusivamente al bene.
Raya è diffidente, non si fida di nessuno e riconosce nell’altro un nemico da cui fuggire o peggio da combattere. Aspetti sinistri che la distingue dall’idea di eroe fantastico incapace di fare il male o di provare sentimenti oscuri. Stesso dicasi di Namaari, il villain di questa vicenda, che si mostra divisa tra l’insegnamento imperialista della madre e il sentimento spirituale che fin da bambina gli scalda il cuore.
A unire queste due “principesse” c’è Sisu, creatura fantastica per eccellenza – il drago, appunto – che mette in crisi culturale e politica queste due donne, a tal punto da convincerle che il cambiamento e l’apertura verso il prossimo, seppur all’apparenza così diverso da noi, risulti essere l’unica strada verso la salvezza. Dunque, bene e male non si contengono più il dominio del mondo, ma sono parti essenziali sulle quali il mondo si basa e con cui tutti i protagonisti di questa vicenda sono costretti a relazionarsi. Una morale favolistica decisamente attuale e di cui la nostra società ha un bisogno assoluto.
La speranza, in questo estenuante periodo pandemico, resta lo stesso, ovvero, di poter godere di Raya e l’ultimo drago nel buio della sala. Troppi sono i momenti di grandissimo cinema d’animazione che meritano di essere ammirati sul grande schermo.
Momenti che dimostrano come l’esperienza cinematografica ha bisogno della proiezione per potersi esprimere davvero arrivando a essere arte.
Paolo Gaudio
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RAYA E L’ULTIMO DRAGO
Regia: Don Hall e Carlos López Estrada
Con: Kelly Marie Tran, Awkwafina, Jun Ichikawa
Uscita su piattaforma: venerdì 5 marzo su Disney+ con accesso VIP
Sceneggiatura: Qui Nguyen, Adele Lim
Produzione: Walt Disney Animation Studios
Distribuzione: Walt Disney Pictures
Durata: 117′
Anno: 2021