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ANNA di Niccolò Ammaniti

Quando ci si mette, il fato sa avere certamente un’ironia spietata. È infatti proprio a una battuta di humor nero che si pensa quando – nei titoli di testa del primo episodio di Anna – si legge che le riprese della serie tv sono iniziate sei mesi prima dello scoppio della pandemia di Covid-19.

Perché Anna, la miniserie ideata, scritta e diretta da Niccolò Ammaniti e tratta dal suo ultimo romanzo, parla proprio dello scoppio di una pandemia a causa di un virus venuto da lontano, tra i cui sintomi si rintracciano tosse, febbre, difficoltà respiratorie, rush cutanei e, infine, la morte. Con la considerevole differenza che dalla Rossa – questo il nome della malattia – è impossibile guarire. Il morbo, inoltre, colpisce solamente gli adulti. Risultato: un mondo post-apocalittico popolato da soli bambini.

I presupposti di partenza sono estremamente interessanti e, inevitabilmente, trasmettono allo spettatore quel senso di inquietudine che si ha quando si pensa all’incredibile periodo che stiamo vivendo. Questa sovrapposizione di esperienze – nella vita e sullo schermo – seppure poi con due sviluppi fortunatamente differenti, rischia però di rivelarsi un’arma a doppio taglio per la gigantesca produzione di Sky.

Perché ormai – ahinoi – sappiamo cosa significhi vivere in una pandemia da virus influenzale e siamo meno portati a sospendere l’incredulità quando ci troviamo davanti a setting catastrofisti che sembrano provenire direttamente dalla più classica delle apocalissi zombie americane.

Ma andiamo con ordine.

Ammaniti è, con Anna, alla sua seconda esperienza dietro la macchina da presa. Ci aveva già positivamente sorpresi con Il miracolo, miniserie del 2018 sempre di produzione Sky che aveva saputo distaccarsi dalla spirale nazionalpopolare della serialità italiana pur mantenendo una precisa identità territoriale, ma riuscendo a emergere come un prodotto potenzialmente esportabile e accostabile a un’ideale produttivo europeo.

Fin dalle prime scene di Anna ci rendiamo conto che la sua ambizione di discostarsi dal panorama italiano è ancora forte; forse, però, stavolta, l’obiettivo di Ammaniti era tentare di volare addirittura oltreoceano, in un universo decisamente più allineabile a The Walking Dead che a Don Matteo.

L’ambizione, però, può spesso rivelarsi nemica e, secondo noi, è proprio questo il caso di Anna.

Veniamo alla trama che, per ammissione dello stesso Ammaniti, è un mix tra Il signore delle mosche e Apocalypto: in una Sicilia post-apocalittica devastata dalla pandemia, vivono solo bambini senza più regole, nell’attesa di crescere, venire contagiati in pubertà e morire. È qui che la nostra protagonista, Anna [Giulia Dragotto], cerca di proteggere il suo fratellino Astor [Alessandro Pecorella] inventando favole che lo tengano isolato nella casa di famiglia mentre lei esce a cercare provviste. Un giorno, però, Astor viene rapito dai Blu, un temuto clan di bambini pronti a fare razzie per ottenere ciò di cui hanno bisogno. Anna, dunque, si mette in cammino fino a Bagheria alla ricerca del covo dei blu.

Lo troverà, però, decisamente presto e senza nessuno sforzo, in un castrato viaggio dell’eroe che viene esperito rapidamente e senza coerenza narrativa.

Il vero, enorme, gigantesco punto debole di Anna, infatti – e si fa fatica a crederlo, visto che si parla della serie di uno scrittore di talento – è lo svolgimento narrativo. Assistiamo a uno sconclusionato e poco credibile procedere della vicenda, senza un necessario climax che conduca il racconto verso una tensione necessaria in una storia a tutti gli effetti di Genere ma, soprattutto, senza una vera necessità che spinga i personaggi all’azione. La domanda che ci ha pervaso durante tutta la visione della serie, infatti, è stata una sola: perché?

Perché Anna, Astor, Pietro, Angelica, persino l’enigmatica Picciridduna si comportano in quel modo? Perché prendono quelle scelte? Perché si temono [o non si temono] l’un l’altro?

Perché ci troviamo in un mondo distrutto, pieno di rifiuti e di rottami di ogni genere, con macchine sprofondate sul fondo di piscine e palazzi crollati se, semplicemente, un virus influenzale ha sterminato una popolazione inerme e giacente al letto?

Perché la Sicilia in cui si svolge l’azione sembra essere il set di Cloverfield dopo l’arrivo del mostro, non c’è cibo né acqua, ma il nostro Pietro [Giovanni Mavilla] non ha problemi a rifornire di benzina il suo motorino in un viaggio di duecento chilometri da Palermo all’Etna? E perché i Blu hanno a disposizione medicine e anestesie sufficienti a curare una menomazione?

Il precarissimo reticolo narrativo su cui si regge l’intera vicenda è maggiormente messo in discussione dalla pomposità stilistica delle immagini e delle musiche, che rimandano a una sorrentiniana Grande Bellezza, che qui appare però artificiosa e fredda. Il tutto inserito in uno sforzo produttivo di dimensioni gigantesche, con setting incredibili ed elementi di scena sicuramente costosissimi, eppure per niente sfruttati ai fini del racconto, neanche se vi si volesse rintracciare un linguaggio allegorico [piccolo Spoiler: l’elefante].

È così che, in questa complessa miscellanea di confusioni tecniche e narrative, la parte della vicenda che maggiormente si apprezza e che – quella si! – fa meritare un plauso ad Ammaniti, sono i flashback. Quando il racconto si discosta da tutta quell’artificiosità forzata del post-apocalittico, quando torniamo a noi, al presente, ai personaggi, allora sì, ritroviamo la bellezza.

L’ultimo, toccante, episodio dà conferma al nostro sentire e quasi ci fa rimpiangere di non aver potuto godere di una serie – o, perché no, di un film – ambientato in un presente pandemico, impreziosito da alcuni, rari, flashforward che rimandano all’Anna adolescente che cerca, insieme al suo fratellino Astor, di scappare verso il Continente in un Viaggio dell’Eroe degno di questo nome.

Nonostante tutto, due note di merito: gli attori, quasi tutti bravi e credibili nonostante la tenera età, e l’uso nei dialoghi dell’inflessione sicula, vera e lontana dai fittizi doppiaggesi a cui siamo nostro malgrado abituati.

Insomma, certamente speriamo di poter vedere ancora Ammaniti dietro la macchina da presa, ma ci auguriamo che, la prossima volta, scelga di tornare sui suoi passi e di non perdere di vista ciò che le sue radici da scrittore – ne abbiamo la prova con Il miracolo – gli consentirebbero egregiamente di fare: porre attenzione sul racconto.

Irene Scialanca

ANNA

Regia: Niccolò Ammaniti

Uscita on demand in Italia: venerdì 23 aprile 2021

Sceneggiatura: Niccolò Ammaniti, Francesca Manieri

Produzione: Sky StudiosWildsideArte FranceFremantle, Kwaï, The New Life Company

Distribuzione: Sky, Now Tv

Anno: 2021

Durata: 6 episodi, 325’ [totale]

InGenere Cinema

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