Nel 1991 ha diretto la commedia satirica Strepitosamente… flop che riuniva nel cast Dalila Di Lazzaro alla sua ultima prova su grande schermo e la cantante Donatella Rettore per la seconda volta nel ruolo di attrice.
Ma è nel thriller che si sente maggiormente a suo agio e lo dimostra nel ’93 e nel 2003 con Bugie rosse e Cattive inclinazioni. Visto che da qualche tempo circolano voci di un suo imminente ritorno alla regia di un film, abbiamo incontrato Pierfrancesco Campanella per saperne di più.
[Luca Ruocco]: Ciao Pierfrancesco. Innanzitutto grazie di aver accettato l’invito di InGenere. La notizia che gli amici che ci leggono si aspettano di trovare nelle domande che seguono riguarda il tuo ritorno alla regia di un lungometraggio. Ne parliamo di certo, ma teniamoci questo argomento per la chiusura dell’intervista. Comincerei, quindi, dal tuo esordio. Come descriveresti il mondo del cinema su cui ti affacciavi nel 1991 con il suo “Strepitosamente… Flop”. E come nasce la scelta di esordire alla regia con una commedia così caustica e sopra le righe?
[Pierfrancesco Campanella]: Quando ho iniziato a fare il cinema, sul finire degli anni ottanta, era tutto molto più semplice. C’erano fermento, creatività, entusiasmo imprenditoriale. I meccanismi erano più artigianali ma consentivano, a chiunque avesse spirito di iniziativa e voglia di emergere, la possibilità di provarci. Io ho iniziato come produttore praticamente dal nulla, spinto unicamente dalla mia faccia tosta e dall’ambizione. Intendiamoci, anche allora nessuno regalava niente, però se avevi delle idee venivi ascoltato ed eventualmente messo alla prova. Oggi si è tutto disumanizzato. Il mercato poi è in uno stato confusionale, col crollo degli incassi nelle sale e la quasi sparizione dell’home video, solo in parte compensati dai proventi delle piattaforme e delle pay-tv. I ragazzi che esordiscono adesso forse sono facilitati dall’abbassamento dei costi di produzione, per via delle tecniche digitali, ma difficilmente riescono a far arrivare le loro opere al grande pubblico, schiacciati da un sistema perverso che non dà loro gli spazi giusti. Quanto a Strepitosamente… flop è un film che, oltre ad essere la fotografia di un’epoca, mi rappresenta in pieno perché c’è tanto del mio vissuto e delle mie esperienze personali anche indirette. Caustico e sopra le righe lo sono io in privato e quindi inevitabilmente il mio modo di essere lo trasferisco in quello che racconto.
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[LR]: I due film successivi saranno dei thriller, girati a diversi anni di distanza l’uno dall’altro. Prima di parlare dei film nello specifico, vorrei chiederti se il thriller è il Genere a cui ti senti più affine come autore e come regista. Se sì, cos’è che ti fa sentire così a tuo agio nel manovrare i meccanismi della suspense e della paura?
[PFC]: Il thriller effettivamente è la cifra stilistica che preferisco, anche se non necessariamente in forma sanguinolenta e piena di effetti speciali. Diciamo che le mie storie sono più che altro “noir dei sentimenti”, nel senso che mi piace scavare negli istinti più abietti e nascosti dell’animo umano, presenti in forma occulta e recondita in ognuno di noi. Io invece sono un po’ atipico, ben consapevole dei miei impulsi aggressivi e mi diverto a esternarli trasferendoli nei personaggi più pericolosi dei miei film. Tieni presente che sono un gran fifone e sin da piccolo ero terrorizzato quando vedevo qualche pellicola impressionante. Fare il regista di cose un po’ truculente è forse il mio modo per esorcizzare le personali insicurezze e fragilità.
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[LR]: Parliamo di “Bugie rosse”, il film che ti portò subito sotto i riflettori, nel bene e nel male. Gli amanti del Genere iniziarono a guardare il tuo lavoro con interesse, mentre alcune associazioni lanciarono accuse di eccessiva violenza nei confronti del film. Cosa successe e cosa ti è rimasto nel cuore di “Bugie rosse”?
[PFC]: Successe che le principali associazioni gay italiane fraintesero il mio messaggio e si convinsero che il modo in cui è rappresentato l’universo omosessuale in quella pellicola fosse troppo crudo e distorto. Polemiche a non finire. All’epoca ci rimasi male, anche se nel tempo sono rimasto legato a Bugie rosse perché è il mio lavoro che mi ha fatto apprezzare anche all’estero, soprattutto nel mercato sudamericano dove è stato distribuito col titolo Submundo do paixao.
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[LR]: Tra l’altro “Bugie rosse” può vantare anche di racchiudere l’ultima apparizione su grande schermo di Alida Valli…
[PFC]: Infatti. Per me un grande onore e una grande emozione dirigere una diva così acclamata in tutto il mondo. Anche in questo caso non mancarono le cattiverie sul mio conto. Un giornalista perfido se ne uscì con questa frase terribile: “Alida Valli, il triste declino di una star: da Visconti e Hitchcock a Campanella”.
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[LR]: Con il successivo film, “Cattive inclinazioni” attacchi la morbosità di format TV alla ricerca ossessiva di notizie che possano alzare lo share. Cosa ci puoi raccontare di questo tuo secondo thriller?
[PFC]: Girarlo è stato molto divertente e niente affatto faticoso per via del clima di complicità e di grande collaborazione che si era instaurato sul set, dalle attrici a tutta la troupe. Quanto alla denuncia contenuta in Cattive inclinazioni sulla speculazione nei salotti televisivi dei casi di cronaca nera più eclatanti, rispetto ad allora, oggi il fenomeno credo sia ulteriormente peggiorato. Sono stato un premonitore!
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[LR]: Infatti mi sembra che la televisione e il mondo dell’informazione abbia fatto negli anni importanti passi avanti in senso negativo. Oggi saresti ancora più spietato nel raccontarli in un film?
[PFC]: Assolutamente sì! Anche se la realtà odierna è talmente spietata di suo che è persino difficile da rendere per così come in effetti è.
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[LR]: Chi sono gli autori che pensi abbiano influito maggiormente sulla tua formazione di cinefilo e di regista?
[PFC]: Sin da piccolino amavo il cinema italiano di Genere. I cosiddetti b-movie, opere a basso costo che incassavano tanto e costituivano l’ossatura portante del mercato e che oggi non si fanno praticamente più. Sto parlando dei vari Fulci, Lenzi, Bava, eccetera.
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[LR]: Un capitolo a parte, immagino, sia dedicato a Marco Ferreri, a cui hai dedicato un documentario.
[PFC]: Certamente. Lui l’ho amato più avanti con l’età. Soprattutto nel suo primo periodo ha sfornato pellicole geniali, corrosive, controcorrente. Oggi film così nessun produttore te li farebbe fare perché prendono di mira quel sistema marcio che domina l’appiattimento culturale e l’imbarbarimento umano che anestetizzano il pensiero di massa.
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[LR]: Nella tua carriera hai firmato la regia di diversi cortometraggi. L’ultimo, “Sacrificio disumano”, ha come protagonista Maria Grazia Cucinotta. Ci racconti qualcosa in più sul tuo corto? E come è nata la collaborazione con lei?
[PFC]: Sacrificio disumano affronta la tematica della sparizione dei minori. Un fenomeno inquietante del quale non si parla abbastanza, tranne il clamoroso caso di Denise Pipitone. Mi serviva un volto intenso e drammatico per dare vita al personaggio della protagonista, per l’appunto una mamma cui è stato rapito il figlioletto da una setta satanica. Ho pensato che Maria Grazia fosse perfetta, anche perché è una donna molto sensibile che da anni porta avanti le nobili iniziative di alcune associazioni umanitarie. L’ho contattata e lei ha aderito subito con grande entusiasmo e partecipazione emotiva.
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[LR]: Negli ultimi decenni il cinema di Genere italiano si è spostato quasi totalmente nel sottobosco delle produzioni indipendenti, diventando sempre più invisibile. Hai avuto modo di seguire qualche regista o di vedere qualche film indie italiano? Cosa pensi dell’attuale situazione del Genere qui da noi?
[PFC]: La situazione non è delle migliori, anche se personalmente non mi arrendo e cercherò di portare avanti il piccolo percorso che ho intrapreso molti anni fa, pur con le dovute lunghe pause. Io faccio solo le cose in cui credo, non ho l’ansia di dover lavorare a tutti i costi. Tra un film e l’altro mi dedico alla produzione oppure faccio il consulente artistico per altri colleghi, soprattutto più giovani, quasi sempre senza apparire ufficialmente. Ultimamente sono stato poco al cinema e non ho avuto modo di vedere granché, ma, per quel poco che ho visto, nulla mi ha particolarmente colpito.
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[LR]: Arriviamo al tuo ritorno al lungometraggio. Il nuovo film sarà un thriller? Ci puoi dire qualcosa a riguardo? Insomma… svelaci quanto puoi sul tuo nuovo progetto!
[PFC]: Sarà un thriller molto particolare, a episodi. Un altro Genere ormai in disuso, ma dal passato glorioso. Si intitola Brividi d’autore e sarà davvero sorprendente, per molti motivi che non posso ancora svelare.
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[LR]: Puoi svelarci anche qualcosa riguardo al cast o alla crew tecnica?
[PFC]: Per quanto riguarda gli attori, ci sarà ancora la Cucinotta. Accanto a lei Sebastiano Somma, Emy Bergamo, Franco Oppini, Adolfo Margiotta, Nicholas Gallo. Inoltre ti segnalo il grande ritorno sullo schermo della bellissima Gioia Scola, attrice iconica degli anni ottanta [Sotto il vestito niente 2 e Yuppies 2], che da molti anni ha smesso di recitare per dedicarsi alla produzione artistica e alla scrittura.
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[LR]: A quali altri progetti stai lavorando?
[PFC]: Un lungometraggio horror per le sale, ancora senza titolo, destinato prioritariamente al mercato internazionale. Lo sto scrivendo in questi giorni con Lorenzo De Luca. Incrocio le dita!
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[LR]: Grazie, Pierfrancesco! Tienici aggiornati sugli sviluppi del film.
[PFC]: Certamente! Sono io che ringrazio te. In bocca al lupo per InGenereCinema, una testata attenta e professionale, che seguo sempre con piacere. Arrivederci alla prossima occasione!
Luca Ruocco
[Roma, settembre 2021]
InGenereCinema.com – Intervista a Pierfrancesco Campanella