Giovedì 4 novembre alle 21, arriva anche a Ravenna l’attesissima pellicola La scuola cattolica che tanto scalpore sta generando fra gli addetti ai lavori. La proiezione del film vedrà la partecipazione al Festival del regista Stefano Mordini.
La pellicola, tratta dal libro omonimo di Edoardo Albinati e vincitrice del Premio Strega nel 2016 è ispirata al massacro del Circeo. Una storia veramente accaduta su cui ora incombe la scure della censura.
Ravenna Nightmare, da sempre fucina di novità e confronto, non poteva esimersi dal proporre il film di Stefano Mordini che sta catalizzando l’attenzione pubblica creando una spaccatura fra gli spettatori: e infatti il film è stato inserito nella sezione Contemporanea, curata da Mariangela Sansone.
La pellicola presentata fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia e dapprima classificata come vietata ai minori di 14 anni, a distanza di un mese, in concomitanza con l’uscita nelle sale, ha visto innalzarsi il limite d’età. Una scelta che anche le famiglie di Rosaria Lopez e Donatella Colasanti, le vittime delle violenze del 1975, hanno accolto con sorpresa, dopo che loro stesse, malgrado le sofferenze rievocate avevano apprezzato la volontà di tramandare, anche in chiave di ammonimento per il futuro, la memoria della loro tragedia soprattutto alle giovani generazioni.
La scuola cattolica esce in sala dunque, ma non per tutti.
A tale riguardo l’appello rivolto da Barbara Salabè, in rappresentanza di Warner Bros. al Ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini, affinché consenta che “un film tratto da una storia vera che parla della violenza sulle donne, e interpretato da ragazzi che hanno aderito a un progetto difficile, possa essere fatto vedere ai giovani”.
“Che nel nostro Paese non possa succedere è una cosa grave”, aggiunge.
La decisione censoria, presa dall’apposita Commissione nata per vigilare sul codice di autoregolamentazione dei produttori, viene motivata da una “narrazione del film che ha come punto centrale la sostanziale equiparazione della vittima e del carnefice. Una lettura di immagini molto violente degli ultimi venti minuti, che viene preceduta da una scena nella prima parte del film in cui un professore, soffermandosi su un dipinto in cui Cristo viene flagellato, fornisce ai ragazzi un’interpretazione che vede Cristo e i suoi carnefici messi sullo stesso piano“.
“Una decisione medievale”, contesta il produttore di Picomedia Roberto Sessa.
Lo stesso regista Mordini, amareggiato dalla decisione ha commentato come in realtà il film volesse porre delle tematiche proprio sul tema dell’impunità. Aggiungendo poi, con una certa preoccupazione che: “Le motivazioni della decisione entrano nello specifico nel contenuto, nel senso del film, e questo può diventare un precedente terribile. Significa tornare indietro di cinquant’anni”.
L’intera produzione ha quindi fatto appello alla Commissione considerando la decisione in netta contrapposizione con quanto affermato lo scorso aprile dal ministro Dario Franceschini che nell’apporre la firma del decreto che ha istituito l’organo per la classificazione delle opere cinematografiche, aveva commentato: “Abolita la censura cinematografica, definitivamente superato quel sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti”. Parole che al momento suonano vuote.