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LETTERA H di Dario Germani

Per parlare di Lettera H di Dario Germani, thriller paranormale tutto made in Italy da un po’ di settimane disponibile sulle piattaforme streaming tra cui Prime Video, bisogna cominciare dal suo sceneggiatore: Andrea Cavaletto. Lo scrittore è un nome noto per gli amici dell’horror e di InGenereCinema.com perché è una delle voci nostrane più autorevoli e prolifiche del nostro Genere preferito, l’horror, che riesce a raccontare in modo assai originale e riuscito sia al cinema [è uno dei collaboratori più stretti del regista Domiziano Cristopharo] che nei suoi romanzi e nei fumetti [è nello staff creativo, fra le altre testate, di Dylan Dog].

Lettera H è un interessante caso dell’indie horror italiano, perché riesce ad unire due dei mondi narrativi appartenenti al suo ideatore: il film di Germani nasce, infatti, da una storia a fumetti di Cavaletto. Una storia breve [davvero una manciata di pagine] pubblicata dalla Bugs Comics in un dei volumi di Mostri [e da pochi mesi ripubblicata in un albo antologico da edicola, il secondo della serie Racconti dal Derryleng].

Da quella storia, “Maledetta”, sceneggiatore e regista del film recuperano l’idea in nuce, quella malvagità innaturale insita inspiegabilmente in un oggetto inanimato, invece che in un essere vivente, ma riescono a espandere l’intuizione rendendola più malata e spaventosa, calandola all’interno di un vissuto tutto italiano da cronaca nera.

Nelle pagine a fumetti i protagonisti della storia sono una coppia di innamorati e un’automobile nuova, che è la vera ossessione del giovane. A far da riflesso ai tre, in Lettera H troviamo Seba e Patty: due amanti con una storia passionale non proprio facile. Lui ha una famiglia chiacchierata e un passato turbolento alle spalle; lei è assai più giovane, e vive il suo amore anche come un atto di ribellione e di indipendenza. Lui lavora e vive all’interno di un’officina, dentro cui ha anche restaurato una 127 [auto-simbolo del boom economico in Italia e vera ossessione, come nel fumetto, del protagonista, che sembra riservarle una parte del suo cuore ben più grande rispetto a quella occupata dalla ragazzina]; lei vive ancora con i suoi, ma per il compleanno di Seba ha deciso di regalargli una notte di passione.

Dopo essere stati ad un party a tema “anni ‘80”, i due decidono di passare la loro notte d’amore all’interno della 127, in un bosco isolato che ha nomea, come tanti, di essere maledetto. Quella notte, però, è pronta a trasformarsi in un sanguinoso incubo per i due amanti e per lo spettatore, perché un altro spettro di un’epoca passata [sempre quella che abbraccia la ribellione degli anni ’70 e l’esplosione dell’eccesso pop e consumista degli anni ’80] è pronto a farsi vivo. Uno assai più macabro, almeno in apparenza, del feticcio FIAT su quattro ruote: si tratta del “Mostro di Firenze”, una della pagine più macabre e incancellabili della nostra cronaca nera, che qui si mostra come una presenza ingombrante e violenta.

Anche stavolta, come per l’ispirazione dalle pagine a fumetti, si va per punti di contatto: c’è una coppia, un’automobile che dovrebbe essere un protettivo nido d’amore e una location isolata, che purtroppo non è così lontana da occhi indiscreti. Una serie di uomini dallo sguardo lascivo, infatti, iniziano a spuntare attorno all’auto, diventando mano a mano più numerosi e pericolosi.

E’ questo il momento in cui Lettera H si trasforma. Inizialmente ci si potrebbe augurare un’evoluzione un po’ più rapida della vicenda [una prima parte di presentazione personaggi un po’ prolissa per gli stereotipi assai riconoscibili che deve ricostruire su schermo e una seconda con troppi momenti di stasi, che alterna scena d’amore di coppia a perlustrazioni della location “maledetta”]. Da quando i due innamorati scoprono di non essere soli, il film di Germani diventa un horror spietato e l’autore decide di mostrare che la storia di Cavaletto ha artigli taglienti, che feriscono gli occhi, grazie all’escalation di violenza grafica supportata dagli effetti di Sergio Stivaletti, e l’animo, proprio perché raccontano in chiave paranormale qualcosa di drammaticamente reale. E quando un film horror riesce a metter bene le mani su un magma così vivo e ribollente, per reinventare e raccontare un po’ di storia e di società, ha sempre un qualcosa in più.

Nell’ultima parte del suo corpo filmico, Lettera H dimostra di essere un piccolo film coraggioso, in alcuni momenti ricorda la violenza estrema e poetica di Morituris di Raffaele Picchio, altro titolo che una manciata di anni fa rimodellava e raccontava in chiave horror/paranormale un fatto reale della nostra storia criminale.

«È accaduto e può quindi accadere di nuovo», recita in apertura la frase rubata a Primo Levi. E l’angoscia racchiusa che l’autore collega all’orrore nazi-fascista diventa per Germani e Cavaletto leva per provare a trovare il senso di una violenza sociale che qui si nasconde all’interno di un “gioco di possessioni” che un paio regala un twist interessanti, soprattutto a chi non ha ancora letto la storia a fumetti d’origine.

Un modo riuscito di raccontare la paura per immagini, sorretto anche da una coppia d’attori [Giulia Todaro un po’ più di Marco Aceti, a cui è affidato il ruolo con più momenti sopra le righe e che, quindi, dopo un po’ comincia a suonare un po’ stonato] capaci di dare un corpo ai propri personaggi anche dopo il momento di completa metamorfosi. Il tutto, poi, si collega ad un sotto-Genere dell’horror che trova esempi noti e amati sia al cinema che in letteratura, ma che qui non specifichiamo per lasciarvi il gusto di scoprirlo.

Come dicevamo sopra, lo trovate su Prime Video.

Luca Ruocco

LETTERA H

Regia: Dario Germani

Con: Marco Aceti, Giulia Todaro

Sceneggiatura: Andrea Cavaletto

Produzione: SeDici Cinema

Distribuzione: Prime Video

Anno: 2019

Durata: 85’

InGenere Cinema

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