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I MORTI VIVENTI di George A. Romero e Daniel Kraus

 

Quando parliamo di George A. Romero parliamo di Storia del cinema e della cultura horror. Non c’è da discutere, non ce n’è per nessuno. Con i suoi living dead ha dato il via ad una saga eternamente rediviva, così come i cadaveri che continuano a risvegliarsi nei suoi film, a diffondersi e a diffondere il morbo della vita oltre la morte: la promessa di appagata eternità alla base di ogni religione che si trasforma nella più terribile delle minacce, in una malattia da incubo.

Romero si approccia all’argomento in modo non del tutto conscio nel 1968 con La notte dei morti viventi dove si parlava ancora di ghoul e si provava a dare qualche spiegazione non del tutto palesata a questi risvegli innaturali. C’era già la furia omicida, l’ossessione dei ritornanti (per dirla alla Sclavi) per il cibarsi della carne dei vivi, che gli ricordavano quello che loro erano stati, e c’era già – ben più importante – una valenza sociale subepidermica che dava a quei fotogrammi spaventosi un peso inatteso e diverso, un significato da scoprire che andava ben oltre un ludico film horror.

Gli zombi arrivarono dopo, nel 1978, con il secondo capitolo della saga [proprio Zombi]: è qui che le regole si cristallizzano, tutto diventa definito, dai modi comportamentali di gruppi di sopravvissuti e morti viventi, alla grafica ultra-splatter, al sottotesto sociale che finalmente diventa un po’ più manifesto e sottolinea quale sia il vero orrore che Romero sta raccontando. È con Zombi che si viene a creare la struttura portante per tutti gli zombie movie che arriveranno [e che continuano ad arrivare] di lì in avanti e il debito creativo nei confronti del maestro dell’orrore diventerà insanabile.

La saga va avanti con Il giorno degli zombi [1985], poi trova nuovo inatteso respiro con La Terra dei morti viventi: in questi due capitoli la figura del living dead comincia ad evolversi e ad allontanarsi dal semplice automa mangiauomini. Qualcosa si fa spazio tra gli animaleschi istinti che governano i morti viventi e sembra che i ricordi della loro vita passata possano riaffiorare portando una sorta di crescita a livello cognitivo.

A soli due anni di distanza, e con budget assai ridotti, Romero riprende la sua Storia da zero: nel 2007, con Le cronache dei morti viventi e nel 2009, con Survival of the Dead – L’isola dei sopravvissuti. È un modo per provare a ritornare alle radici del problema, ma anche di calarlo nel mondo contemporaneo anche a livello linguistico [il POV utilizzato per ritornare a raccontare il primo risveglio cavalca l’ossessione dei found footage tipica degli horror dei primi anni del nuovo millennio]. Anche stavolta, però, il padre degli zombi regala a chi ne segue quasi scientificamente l’evoluzione dei piccoli passetti in avanti: il più eclatante è di certo il fatto che sulla chiusa di Survival un gruppo di dead attacchino e sbranino un cavallo.

Proprio sulla scia di questa attenta cronaca dei morti viventi sarà impossibile per gli storici dell’horror e per i fan di Romero non sentirsi magneticamente attratti dall’enorme romanzo firmato a quattro mani [anche se non nel modo più canonico] insieme al coautore de La forma dell’acqua Daniel Kraus.

Lo porta in libreria, qui in Italia, La Nave di Teseo e come racconta Kraus in una postfazione molto accorata, il romanzo è figlio di una lunghissima gestazione. Un libro incompiuto figlio di tanti difficili inizi che, dopo la morte del regista di Zombi, viene affidato al suo secondo genitore che, oltre a dare ordine a quanto scritto dal regista e a metterci molto della sua passione nata proprio da La notte dei morti viventi, riesce a ripescare e a rilavorare anche due altri vecchi testi romeriani, finiti nell’oblio di un sito web non più online. Insomma un lavoro lungo, appassionato, certosino.

Anche ne I morti viventi si ritorna all’origine. Un nuovo CASO 1, calato nel mondo del XXI secolo: il risveglio di un John Doe all’interno di una morgue, davanti a un medico e alla sua assistente. Da qui prende il via un primo lungo e frastagliato “Atto Uno. La nascita della Morte. Due settimane.”.

I morti viventi ha una struttura a tre atti, ma le tre parti sono davvero molto differenti l’una dall’altra, sia per lunghezza, che per composizione e forza. In questo primo lungo abbrivio, i due autori ci presentano i personaggi di cui seguiremo l’epopea all’interno di un mondo in continua evoluzione. Un’evoluzione che, vi assicuriamo, andrà ben oltre le vostre aspettative. Si passa dai due medici della morgue a un’impiegata governativa con problemi di asocialità; da una giovane ragazza che fugge da un campo di case mobili a un conduttore del TG che fino al momento del primo “risveglio” aveva sempre preferito l’apparenza alla reale esistenza; ci vengo poi presentati un musicista con grandi ideali, un ufficiale della marina costretto a nascondere ai suoi commilitoni parte della sua vita, un lascivo produttore cinematografico… Ma ci sono anche personaggi conosciuti all’interno di questo primo atto – che di fatto rimbalza tra un character e l’altro, all’interno dei paragrafi – che ritroveremo più avanti nella schiera dei risorti.

Non vogliamo davvero svelare troppo, quindi procediamo velocemente con qualche anticipazione sull’“Atto Due. La vita della Morte. Undici anni.”. Si tratta della parte più rapida del libro, in quanto a numero di pagine, anche se affronta l’arco temporale più lungo. Nell’Atto Due avremo la possibilità di leggere testimonianze riguardanti i vari importanti momenti dell’evolversi della sanguinosa pandemia, che scopriremo non avrà colpito solo gli uomini e che troverà una sorta di calma stagnante, che poi avremo modo di vivere nell’“Atto Tre. La morte della Morte. Un giorno”, il momento in cui uomini e zombi faranno i conti con quello che è stato e con quello che, a distanza di più di 10 anni, entrambe le fazioni sono diventate, finendo per dividersi quanto rimane di una realtà forse nemmeno troppo assurda. È il momento in cui si tirano le somme, dove ritroviamo cambiati [in bene o in male] tutti i personaggi che abbiamo conosciuto, finalmente all’interno della stessa location. Niente è come prima. Niente rimarrà come quando la terza parte ha inizio.

Anche ne I morti viventi la storia narrata si carica di significati importanti. Il regista vuol lasciare attraverso i suoi living dead e gli uomini molto ben descritti e raccontati una traccia decisa e perfettamente in linea con quanto aveva raccontato fino a questo momento. E l’evoluzione del Mostro, per gli storici dell’horror, davvero regalerà diversi scalini da salire, proponendo profili [e specie!] differenti di zombi che non sarebbero potuti venir fuori che dall’immaginazione del loro creatore [e di chi ne ha raccolto l’importante eredità, in questo caso] e che sarebbe bello vedere un giorno su grande schermo. Vera e propria ecologia dello zombi, una storia biologica accurata che ha un inizio improvviso e furente e una fine poeticamente placida e vacua. E per la prima volta saremo catapultati all’interno del cervello di uno zombi per capire meglio come si muovono i pensieri al suo interno per creare una rete di collegamento di massa verso un fine comune allo stesso tempo piccolo ed epifanico.

Epica del morto vivente!

Luca Ruocco

I MORTI VIVENTI

Autore: George A. Romero, Daniel Kraus

Editore: La Nave di Teseo [www.lanavediteseo.eu]

Pagine: 688

Illustrazioni/Foto: No

Costo: 22,00

InGenere Cinema

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