Roma, 1978. Un mondo vicino al nostro eppure ormai lontanissimo, un abisso di consuetudini e tecnologia a dividerci da allora. Gordon Kane è un corrispondente del quotidiano Sun di Londra, la sua vita è stravolta prima dai sogni, poi dalla realtà che sembra scaturita da essi: chi è l’uomo senza volto che lo perseguita in casa, che modifica le sue abitudini e gli impone nuovi modi di vita e di comunicazione? In una delle pagine più belle del weird distopico, Paolo Di Orazio ci illustra la sconvolgente paranoia tecnologica che ci attende se solo non saremo scaltri e attenti a modificare i nostri obiettivi.
E’ appena uscito Il diario elettrico, il nuovo attesissimo romanzo di Paolo Di Orazio. Nuova uscita quindi per la collana “k_noir”, diretta da Andrea Vaccaro, dedicata alle declinazioni noir del fantastico. Il volume è disponibile in cartaceo e in ebook su www.kipple.it, nelle librerie e nei principali store online; la copertina è di Ksenja Laginja.
Una visione distopica e sconvolgente del nostro mondo impone una svolta sul finire degli anni ’70 del ‘900, in una Roma lontana dall’attuale tecnologia, ma in grado di contenere tutti i presupposti del disturbante e orrorifico presente. Di Orazio è ancora una volta maestro delle atmosfere e del climax che tiene incollati alla sedia, della paura che ci attanaglia fino agli angoli più bui dell’anima.
ESTRATTO – PROLOGO
Mi sveglio da un sonno profondo. Cupo. Senza sogni. Oppure da un semplice istante in cui la mia mente ha vagato distratta fuori dal campo visivo, dalla coscienza. Sono a Roma. Una strada battuta dal sole accecante. Via Cavour, vecchio cuore della città. Ero già qui? Stavo andando da qualche parte e improvvisamente ho perso la memoria? L’arsura, il sapore di gomma e sabbia in bocca, di antico e violento. Cosa significa? Non è il deserto, dico a voce alta anche se la lingua è incollata al palato. Tutte le persone che vedo camminare sono lontane, si disperdono lasciandomi solo. Ho l’impressione di essere l’ultimo uomo al mondo. Una macchia sfocata dentro il mio occhio: è la sola presenza che si muove ovunque io posi lo sguardo, la mia compagna di sempre. I vecchi palazzi sono ingabbiati da ragnatele di tubature esterne, aderenti alle facciate di finestre dai cristalli a specchio sotto una coltre di ruggine e polveri sottili. Altri sono fagocitati da cubature in pietra a formare un secondo livello di urbe. La carreggiata è coperta da un manto di materiale compatto, caucciù vulcanizzato che irradia un calore atroce. La secchezza delle fauci è così legata all’odore ingrato dell’aria, priva di umidità, morta e immobile, da farmi ricordare che non bevo acqua da un secolo. Vedo in lontananza la porzione del Colosseo in fondo a via dei Serpenti. Il monumento è rivestito da un esoscheletro di acciaio cromato. Due anelli paralleli di graticole a fessura per l’areazione solcano la circonferenza totale dell’armatura. Il colonnato in pietra sparisce dietro il rivestimento scintillante al sole, ed è riprodotto da incisioni stilizzate per ricordarne con indecorosa sintesi le fattezze originali. Sembra più la raffigurazione maldestra su una vecchia moneta. Maledetti, grido, come se i responsabili degli eterni scavi ferroviari sotterranei possano sentirmi. Gli hanno messo quell’armatura perché l’arena sta sprofondando nel terreno. Ucciderei i mandanti del progetto di riqualificazione urbana. M’incammino in salita. È tardi, devo recarmi al lavoro. So di essere stato assente per mesi, saranno tutti in collera con me. Ho paura che mi abbiano licenziato, nel frattempo. Vado lo stesso. Raggiungo un distretto di polizia, ma per quale ragione? Io non lavoro qui. Un gruppo di gente in divisa mi saluta, mi applaude. Indosso anch’io una divisa come la loro, blu cobalto con tre bande laterali bianche e gialle. C’è una festa in mio onore. Non capisco. Qualcuno piange commosso. Tra le grida di benvenuto e bentornato, entro nel distretto come se sapessi dove andare. Le gambe vanno da sole. Corridoi fra i reparti, uomini e donne in uniforme seduti alle scrivanie o in piedi alla loro postazione si voltano, mi vedono e mi salutano. Ho sete, dico, e non riesco a respirare l’aria fredda carica di ozono. Mi dirigo a passo sicuro nell’ufficio del vecchio vicequestore, il quale mi accoglie a braccia aperte e mi stringe le mani, entrambe, prendendole nelle sue. Non dobbiamo toccarci, esclamo stupefatto. Come stai? Sei guarito, chiede il mio superiore. Il suo sguardo è famelico. Brilla di luce malevola. Il volto grottesco somiglia a quello di una scimmia. Non mi fido di lui perché è zoppo e cammina col bastone. Vuole farmi del male, con quel bastone. Posso stare poco, affermo. Il caso dell’assassino è tuo, fa il vice. Ti abbiamo promosso commissario capo.
L’AUTORE
Nume tutelare delle riviste a fumetti cult «Splatter», «Mostri», «Nosferatu», pubblica dal 1987 fumetti, racconti, romanzi, articoli per Acme, Granata Press, Castelvecchi, «Urania», Radio Rai, «Cattivik», «Heavy Metal», «Blue», «Classic Rock» e tutte le migliori case editrici d’Italia. Dopo tre anni di scrittura porno su mensili per adulti, il suo libro di esordio Primi delitti, 1989, è apripista della narrativa splatterpunk italiana nonché scandalo parlamentare per istigazione a delinquere. In lingua inglese pubblica con Independent Legions, Kipple Officina Libraria, Comet Press, Necro. Membro della Horror Writers Association, è nel “Best World Horror of the Year” [ellendatlow.com, 2017] e nella “Year’s Best Hardcore Horror della statunitense Comet Press” [2017].
LA COLLANA
k_noir è la collana di Kipple Officina Libraria, diretta da Andrea Vaccaro, dedicata alle contaminazioni noir con le espressioni più innovative del weird, alle sue mutazioni e ai furori che esplorano i confini della narrativa più esasperatamente umana e, contemporaneamente, più disumana che esista.
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Paolo Di Orazio, Il diario elettrico
Copertina di Ksenja Laginja
Kipple Officina Libraria – Collana k_noir
Formato cartaceo: Pag. 184 – 15.00€ – ISBN 978-88-32179-66-8
Formato ePub: Pag. 203 – 3.95€ – ISBN 978-88-32179-67-5
Link:
- su Kipple Officina Libraria: https://bit.ly/3RyNXaE
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