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IO CAPITANO di Matteo Garrone

Il cinema è tale quando riesce nell’arduo compito di mostrare ciò che non si può o non si vuole vedere.

Questa è una lezione che ogni studente della settima arte impara presto, ma che raramente riesce ad applicare. Solo i cineasti purosangue fanno di questo monito la loro cifra, regalando agli spettatori quel punto di vista che manca o peggio, che stanno evitando.

Matteo Garrone è certamente uno di questi e con Io Capitano conferma la sua straordinaria capacità di filmare l’infilmabile – come la Scampia di Gomorra o il Pinocchio di Collodi – riuscendo con coraggio, desiderio e testardaggine a piazzare la macchina da presa dove sembrava impossibile farlo, seguendo le tracce degli immigrati che dall’Africa partono per raggiungere l’Europa. Partecipando con loro a quel viaggio allucinante di cui noi immaginiamo tanto, ma non sappiamo nulla e che spesso – troppo spesso – scegliamo di ignorare.

In concorso all’80esima Mostra d’Arte Cinematografica di Venezia, Io Capitano racconta la storia di due giovani, Seydou e Moussa, che partono da Dakar, in Senegal, per affrontare un lungo viaggio per raggiungere l’Europa. La loro diventa un’odissea nel mondo contemporaneo, che li porta ad attraversare il deserto e le sue mille insidie, i pericoli del mare aperto, nonché lo stesso essere umano, pieno di ambiguità e ipocrisia.

Garrone realizza una sorta di controcampo che lascia fuori tutto ciò che di questa vicenda crediamo di conoscere: gli sbarchi, i centri di prima accoglienza, le ONG, persino i morti in mare, spostando lo sguardo della sua macchina da presa verso tutto quello che non vogliamo vedere, verso la nostra indifferenza, verso le persone di cui non ci curiamo e verso i sogni e le speranze di una coppia di adolescenti ingenui e autentici, manco fossero i protagonisti di una favola di Collodi. Seydou e Moussa, infatti, appaiono subito come il burattino di legno che conosciamo tutti molto bene: abbandonano chi li ha messi al mondo accettando cattivi consigli e finendo così in un frullatore di cattiveria e crudeltà di cui solo l’uomo può essere capace. Ciononostante, Io Capitano non si lascia corrompere da tale crudeltà evitando di spettacolarizzare il dolore e la sofferenza, ma con misura mostra l’inferno senza dimenticare la strada che può condurne fuori. E qui sta la grandezza di questa pellicola, poiché quando tutto si fa oscuro la tenerezza riesce ugualmente a risplendere, portando Seydou verso una salvezza insperata che gli consentirà di conservare la bellezza ingenua dei suoi sedici anni e continuare quel viaggio che ormai è l’unica vita possibile. Così il cuore di Seydou diventa il metronomo che segna il tempo della vicenda: il suo amore, la sua paura, i suoi incubi e suoi sogni sono il tessuto con il quale Garrone realizza questa trama che oscilla costantemente tra la dolcezza infinita e il baratro della brutalità.

Ma in questo controcampo, ovviamente, c’è qualcosa che resta fuori, che non è inquadrato, eppure è lì presente. Il fuori campo che Garrone esclude da questa storia siamo noi, noi che osserviamo e che non siamo e non vogliamo essere Seydou. Ma siamo solo quelli che osservano, che non hanno risposte e che forse fino ad adesso hanno evitato perfino di osservare. Sta qui la grandezza del cinema e la bellezza di Io Capitano: mostra tutta la nostra indifferenza.

Paolo Gaudio

IO CAPITANO

Regia: Matteo Garrone

Con: Seydou Sarr, Moustapha Fall, Issaka Sawagodo, Hichem Yacoubi, Doodu Sagna, Khady Sy, Venus Gueye, Oumar Diaw, Joe Lassana, Mamadou Sani, Bamar Kane, Beatrice Gnonko

Uscita sala in Italia: mercoledì 7 settembre 2023

Sceneggiatura: Matteo Garrone, Massimo Gaudioso, Massimo Ceccherini, Andrea Tagliaferri

Produzione: Archimede con Rai Cinema, in coproduzione con Tarantula, con la partecipazione di Pathé

Distribuzione: 01 Distribution

Anno: 2023

Durata: 121′

InGenere Cinema

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