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ILSA LA BELVA DELLE SS di Don Edmonds

Arrivati alla metà degli anni Settanta, il cosiddetto filone W.I.P. [Women In Prison] si scatena in una nuova variante impazzita che prende il nome di nazisploitation o nazi-porno. Come si può intuire, gli ingredienti rimangono più o meno invariati e gli spettacoli messi in scena si risolvono in un frullato di perversioni sessuali e torture assortite all’interno di infernali campi di concentramento o fatiscenti prigioni/lager, dove le solite vittime scarificali finiscono nelle mani di una ferocissima Direttrice/Kapo e dei suoi aguzzini.

Il successo di questo sotto-Genere si esaurì in una decina d’anni circa, dando comunque vita ad un considerevole numero di pellicole che ebbero un buon appeal sia in Italia che all’estero. Nel mucchio di questi titoli, la punta dell’iceberg è rappresentata senza dubbio dal capostipite Ilsa la Belva delle SS, che non solo può considerarsi una sorta di apripista per i più moderni torture porn [vedasi i vari Hostel e compagnia], ma soprattutto scolpì nell’immaginario del cinema sex&violence il volto [e il seno] della giunonica e prorompente Dyanne Thorne, da questo momento in poi icona assoluta delle carceriere più sadiche e arrapate [in pratica una sorta di Tura Satana in versione nazi].

Seguiamo quindi le gesta della dottoressa Ilsa, perfida ufficiale nazista che si diletta senza sosta in nefandezze di ogni tipo ai danni dei prigionieri di un campo di concentramento. Fino a quando non si imbatte in un detenuto di origine americana che, dopo averle fatto girare la testa durante i loro incontri erotici, tenterà di organizzare una rivolta all’interno del lager. Inutile sottolineare come la trama sia poco più di un pretesto per mettere in scena una variegata sequela di sevizie assortite, sempre più insistite e fantasiose. Tra fustigazioni, corpi bolliti, vermi infetti applicati sulle piaghe di una poveretta e persino una serpentina elettrica utilizzata a mo’ di membro maschile, il pubblico di maniaci voyeuristici a cui si rivolge il film non può che fare i salti di gioia. Del resto, già il marchio legato alla produzione era sinonimo di garanzia da questo punto di vista, dato che risponde al nome di quel David F. Friedman che anni prima aveva lanciato sul mercato un titolo come Blood Feast [di cui abbiamo parlato qui], ancora oggi ricordato come il primo film splatter della storia.

Il regista Don Edmonds si limita a dirigere il tutto con mano scolastica, assistito da un budget palesemente risicato all’osso [a questo proposito le scenografie sono a dir poco desolanti, con gli esterni ridotti ad una torretta e ad un campo recintato che più squallido non si può]. Ma d’altro canto si tratta pur sempre di puro fan service, dove l’unica esigenza del pubblico è quella di godersi le imprese della bionda e perversa dottoressa che, tra un amplesso e l’altro, divora avidamente la sua carne da macello. Tenendo conto di questo, c’è poco da girarci intorno: Ilsa è e resterà sempre un classico del cinema più estremo e politicamente scorretto.

Oltre alle innumerevoli imitazioni, la pellicola ha avuto due seguiti [Ilsa la Belva del Deserto e il più fiacco Ilsa la Tigre del Sesso] più una sorta di capitolo apocrifo [Greta, la Donna Bestia] diretto dal mitico Jess Franco.

Per un recupero in home video del film in lingua italiana ci si può rivolgere all’edizione [purtroppo solo DVD] Pulp Video, che ha fatto uscire tutti e tre i titoli della serie ufficiale.

Lorenzo Paviano

ILSA LA BELVA DELLE SS

Regia: Don Edmonds

Con: Dyanne Thorne, Gregory Knoph, Maria Marx, Tony Mumolo, Nicolle Riddell, Jo Jo Deville

Sceneggiatura: Jonah Royston

Produzione: David F. Friedman [Aeteas Filmproduktions]

Distribuzione: Anchor Bay Entertainment

Anno: 1975

Durata: 96′

InGenere Cinema

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