In occasione del recente restauro [per la prima volta approvato dal direttore della fotografia Luciano Tovoli] e della conseguente riproposizione nelle sale, spendiamo due parole su un capolavoro eterno del nostro cinema che non smetterà mai di essere celebrato.
Dopo l’intramontabile trilogia animalesca [L’Uccello dalle Piume di Cristallo/Il Gatto a Nove Code/Quattro Mosche di Velluto Grigio] e il leggendario Profondo Rosso, Dario Argento si ritrova ad uno snodo cruciale della sua carriera, etichettato ormai come il nuovo Maestro del Brivido [o anche l’Hitchcock italiano]. Ed è in questo scenario [siamo nel 1977] che il cineasta romano abbandona momentaneamente quel Genere che tanto aveva fatto la sua fortuna [ovvero il giallo a tinte macabre] per addentrarsi definitivamente nei territori del paranormale.
Suspiria può quindi essere considerato il primo horror tout court all’interno della filmografia argentiana e il primo capitolo di quella che verrà ricordata come la trilogia delle Madri. Mater Sospiriorum è infatti la sinistra figura che aleggia in questo film, mentre con Inferno [1980] entrerà in scena Mater Tenebrarum e infine nel più recente La Terza Madre [2007] assisteremo alle gesta di Mater Lacrimarum.
Tornando a questo primo segmento, la pellicola nasce prima di tutto come moderna fiaba gotica e il regista stesso ha dichiarato di aver attinto, oltre al libro Suspiria de Profundis di Thomas de Quincey, all’esperienza della sua allora compagna di vita Daria Nicolodi, che introdusse nella sceneggiatura più di un elemento estrapolato dall’universo delle fiabe e dai racconti di sua nonna in merito ad un misterioso istituto musicale in Francia.
Non a caso, Argento aveva inizialmente pensato che le protagoniste dovessero essere proprio delle bambine, salvo poi dover fare marcia indietro sotto pressione della produzione. Della sua idea originale rimangono però alcuni dettagli, come le maniglie delle porte più alte rispetto alla statura delle attrici o anche i rapporti stessi tra le ragazze, che talvolta sfociano in banali battibecchi dal sapore quasi fanciullesco. Così come di fiabesco ed esoterico profumano le indimenticabili location scelte per il film, ovvero Friburgo, Monaco di Baviera e l’oscura Foresta Nera.
La trama [arcinota] è quella di una giovane americana che si trasferisce in Germania per studiare danza in una prestigiosa Accademia di Friburgo. Fin da subito, però, il luogo si rivelerà teatro di orribili omicidi ed eventi tanto inspiegabili quanto terrificanti. Il film si muove nei territori dell’esoterismo e della stregoneria più arcana e oscura, riuscendo un comporre un mosaico sublime dove ogni tassello tecnico/artistico rasenta la perfezione: dalla mitica colonna sonora di Claudio Simonetti, che mixa senza sbavature atmosfere musicali più classiche ad altre decisamente più ossessionanti, alle ottime performance del cast [con la protagonista Jessica Harper su tutti], passando per la geniale fotografia di Luciano Tovoli [capace di far sembrare i colori forti e le luci accese come un tutt’uno con i volti dei personaggi] fino ad una regia e una messa in scena che rappresentano probabilmente il picco più alto dell’intera opera argentiana.
Due almeno i momenti che è impossibile non citare: l’uccisione nei primi minuti di una studentessa e di una sua amica e la morte del cieco, sbranato dal suo stesso cane, nella celebre Konigsplatz di Monaco. Nel primo caso si tratta di una delle migliori sequenze di omicidio di tutta la storia del cinema: una delle due ragazze viene prima pugnalata e poi impiccata dopo essere precipitata da un lucernario di vetro, il tutto ripreso con inquadrature e movimenti di macchina pazzeschi in cui la regia di Argento ci porta addirittura all’interno della vittima, in modo da poter osservare il pugnale che le trafigge il cuore.
Per girare l’altra scena ci volle invece circa una settimana e si dovette ricorrere ad un ingegnoso marchingegno che permetteva di utilizzare un carrello sospeso in aria, così da simulare la soggettiva di un’aquila in picchiata. Ma, al di là dei vari virtuosismi, a mettere i brividi è soprattutto lo sguardo di un cineasta che muove la cinepresa come un occhio spettrale attraverso i corridoi di un luogo dove, nel silenzio della notte, sembra quasi rimbombare il rumore dei passi e dei sospiri.
Insomma, vedere [e rivedere] Suspiria è una tappa obbligata per ogni cinefilo che si rispetti. Datato 2018 un chiacchieratissimo remake girato da Luca Guadagnino che, in comune con l’originale, ha poco a livello non epidermico e di cui abbiamo parlato qui.
Per recuperare in home video la corretta versione restaurata del film, ci si può rivolgere al Blu-Ray americano della Synapse o all’edizione italiana della Videa.
Lorenzo Paviano
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SUSPIRIA
Regia: Dario Argento
Con: Jessica Harper, Flavio Bucci, Miguel Bosé, Stefania Casini, Alida Valli, Joan Bennett, Susanna Javicoli, Barbara Magnolfi, Udo Kier, Eva Axén, Lela Svasta
Sceneggiatura: Dario Argento, Daria Nicolodi
Produzione: Claudio Argento
Distribuzione: P.A.C.
Anno: 1977
Durata: 99′