Tutti gli amici dell’horror pensano di sapere già tutto di Damien Thorn, piccolo protagonista del film Il presagio [The Omen, 1976, con la regia di Richard Donner]. Storia che mescola in modo sopraffino valori universali come la famiglia, la genitorialità, il senso di purezza innato insito nei bambini, con l’horror satanico e la doppiezza melliflua della figura del Diavolo che sa come nascondersi dove nessuno andrebbe a cercare, riuscendo ad arrivare persino fra le schiere di chi dovrebbe appartenere alla fazione che dovrebbe fargli da opposizione. Nel film di Donner, un diplomatico statunitense e sua moglie perdono il proprio figlio appena nato, mentre si trovano a Roma, ma attraverso l’operato di alcuni prelati riescono ad avere in affidamento un neonato che, invece, pare abbia drammaticamente perso la madre durante il parto. Si tratta di Damien, appunto, e i suoi genitori adottivi non sanno di aver appena accolto in casa il piccolo anticristo, voluto in terra proprio dalla Chiesa per riavvicinare a sé i fedeli persi nei secoli.
Nel tempo, da Il presagio è figliata una saga cinematografica vera e propria che ha visto diventare la storia di Damien Thorn una trilogia [al primo film si sono aggiunti La maledizione di Damien,1978; Conflitto finale, 1981], poi ha avuto una variazione al femminile con il quarto capitolo [Omen IV – Presagio infernale, 1991], un remake [Omen – Il presagio, 2006] e anche una serie TV. Come spesso accade, atmosfere e intenti assai precisi e riusciti nel capostipite si fanno annacquati e insapori andando avanti nei capitoli e nelle storie, fino quasi a scomparire nella serie Damien [2016]. Niente di strano, quindi, nell’avvicinarsi con un po’ di sfiducia a questo Omen – L’origine del presagio, primo lungometraggio di Arkasha Stevenson, che de Il presagio vuole essere diretto prequel. Demoni, maternità, corpo femminile violato da creature terrene e non e persino strutture gestite da ordini monacali sono stati al centro di tanti, tanti titoli e continuare a spremere la mitologia nata attorno a un titolo riuscito per cavarne ancora succo troppo spesso non porta a nulla. Vero, ma ogni tanto qualcosa riesce ad avere quel po’ di luccicanza utile a regalarci una piccola sorpresa.
Roma, 1971. Margaret [Nell Tiger Free] è una novizia americana che, in attesa di prendere i voti, viene inviata dal cardinale Lowrence nella Città Eterna, per prestare servizio nell’orfanotrofio gestito dalla badessa suor Silvia e dalle sue consorelle. Nella struttura Margaret stringe presto un rapporto assai empatico con Carlita, una ragazzina tenuta sempre a distanza dalle altre ospiti e addirittura spesso reclusa dalle suore a causa di suoi presunti tratti caratteriali pericolosi e violenti. Mentre inizia a notare sempre meglio i comportamenti non proprio consoni delle sue consorelle nei confronti della giovane, che potrebbero nascondere qualcosa di più oscuro, Margaret conosce anche Luz, sua coinquilina e anche lei novizia che, però, prima di prendere i voti la convince a provare l’ebbrezza della Roma notturna e i piaceri che il loro essere giovani donne potrebbe ancora riservare, prima di donarsi completamente a Dio. Una nuova città, una nuova vita, un’amica smaliziata e una ragazza forse in pericolo sono le scosse sismiche che rendono assai instabile la quotidianità della giovane americana che già porta addosso il peso di una giovinezza non proprio felice e che ora inizia a rendersi conto di essere diventata una donna senza essersi mai resa conto del suo passaggio all’età adulta.
Proprio questa ricerca sul femminile, che va dallo spirituale al fisico, dal materno al mortifero, è il focus centrale del film di Arkasha Stevenson, che vede la venuta dell’anticristo rimbalzare proprio tra i profili imprecisi e inquieti di possibili madri che forse sono unicamente porte d’accesso a questo piano dimensionale, ma più probabilmente hanno un ruolo più importante e attivo. Quello che L’origine del presagio racconta è proprio una declinazione fattiva dell’essere femminile, che nel bene o nel male non è solo quella di essere madre o di sciacalla, ma si fa tassello fondamentale e fisico [il film unisce tensione e struttura da thriller satanico a piacevoli intrusioni da body horror] di un piano che unisce Alto e Baso e che richiede l’attraversamento di un ponte di carne.
Discorso di certo interessante che si inserisce all’interno di un film dall’atmosfera mortifera e morbosa al punto giusto, con una regia rassicurata dal fatto di poter puntare sul fascino di una città come Roma [e i centri limitrofi], su una ricostruzione storico-sociale abbastanza curata [anche se gli scontri studenteschi sembrano sempre un po’ pretestuosi e recitati] e su e una messa in scena attenta ai particolari sia per quanto riguarda le morti all’odore di zolfo [andiamo da un’auto che trancia a metà un pedone a una suora che si suicida dandosi fuoco, lanciandosi da una finestre e impiccandosi allo stesso tempo…], che altre scene dal sicuro impatto psico-emotivo, come le ravvicinate inquadrature di un parto mostruoso: “Gran parte delle nostre discussioni si concentravano su come potevamo creare qualcosa che fosse all’altezza di ciò che era stato fatto in passato, senza cadere nell’eccesso, nel feticismo o nella deumanizzazione.” – racconta la regista – “Raccontare una storia attraverso la prospettiva femminile era estremamente importante per me, e trattare il tema del body horror e dell’esplorazione della prospettiva femminile attraverso la guerra stessa del corpo era un po’ inquietante, considerando il contesto temporale. Era un’opportunità eccezionale, ed era fondamentale per noi non tirarci indietro da quelle immagini, ma piuttosto umanizzare chi le subiva. La presenza della scena della vagina è stata l’elemento determinante per mantenere il rating R. Non erano le morti sanguinose, né gli uomini mozzati; era, inequivocabilmente, solo quella sequenza. Non era ciò che stava accadendo a quella parte del corpo a risultare offensivo; era la mera presenza del corpo femminile a destare controversia. Nel 2024, è giunto il momento di smettere di considerare il corpo femminile come oggetto di fascino dell’orrore. Questo è il motivo per cui abbiamo lottato così strenuamente. È sorprendente constatare il sostegno ricevuto dai nostri produttori dello studio.”
Un po’ di cattiveria in più non avrebbe stonato, ma anche così, all’interno di un panorama orrorifico assai incline alla declinazione in capitoli di saghe e creature, Omen – L’origine del presagio non sfigura affatto.
Luca Ruocco
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OMEN – L’ORIGINE DEL PRESAGIO
Regia: Arkasha Stevenson
Con: Nell Tiger Free, Bill Nighy, Ralph Ineson, Sônia Braga, Nicole Sorace, Andrea Arcangeli, Ishtar Currie-Wilson, Maria Caballero, Charles Dance, Mia McGovern Zaini
Uscita in sala in Italia: giovedì 4 aprile 2024
Sceneggiatura: Arkasha Stevenson, Tim Smith, Keith Thomas
Produzione: Phantom Four
Distribuzione: 20th Century Studios
Anno: 2024
Durata: 120’