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I MIEI SUPEREROI ERANO FREDDY KRUEGER E JASON VOORHEES: Intervista a Demián Rugna

Demián Rugna ci racconta il Male, quello vero, demoniaco a cui non è possibile sfuggire. Lo fa in modo pratico e schietto, anzi, spietato. Come un medico che deve descrivere gli effetti indesiderati ma inarrestabili di una malattia pandemica. E il fatto di averlo fatto subito dopo una pandemia reale qualche dubbio [subito fugato dal regista] ce lo ha fatto venire.

Grazie a Blue Swan Entertainment – che distribuisce in sala When Evil Lurks dal 18 luglio – abbiamo avuto la possibilità di intervistare Rugna e di avere la conferma di trovarci davanti a un vero amico dell’horror. Film consigliatissimo.

[Luca Ruocco]: Ciao Demián. Il tuo percorso all’interno del Genere Horror, dopo Terrorizzati e Satanic Hispanic, pare sia una missione segnata e pienamente consapevole. Ci racconti come nasce il tuo rapporto con l’horror?

[Demián Rugna]: Faccio horror da 20 anni, ho iniziato nel 2002 girando i miei cortometraggi e ora ho 6 film, ma il mio amore per il Genere è nato quando avevo 8 anni, quindi l’horror fa parte di tutta la mia vita. Il mio obiettivo è esplorare diverse angolazioni e cercare di inventare qualcosa di fresco senza limiti. Fornendo sempre buone sceneggiature e bei dialoghi. Attualmente firmo anche le sceneggiature dei miei lavori ed è lì che mi sento maggiormente a mio agio, mentre creo il mio universo.

[LR]: Chi sono i tuoi riferimenti nel cinema e nella cultura horror?

[DR]: Sono cresciuto guardando i film di Steven Spielberg e Rambo in televisione quando ero bambino, poi mi sono innamorato di registi horror come John Carpenter, Sam Raimi, Dario Argento, Peter Jackson, Paul Verhoeven e Guillermo del Toro. I miei veri supereroi, quando avevo 10 anni, erano Jason Voorhees e Freddy Krueguer, e nessuno dei miei amichetti li conosceva perché eravamo troppo piccoli per vedere questo tipo di film.

[LR]: Con When Evil Lurks racconti una storia di possessione, ma lo fai destrutturando e ricostruendo il filone esorcistico di possessione dalle radici. Addirittura creando una serie di regole che determinano il passaggio della possessione da un corpo all’altro, non per forza umani. Questa visione della possessione raccontata come una malattia infettiva non è del tutto inedita nel cinema, ma lo è per come è vissuta con accettazione e concretezza dai protagonisti della tua storia. E’ qualcosa che ha a che vedere con il periodo pandemico che abbiamo vissuto? Da dove nasce l’idea del tuo nuovo film?

[DR]: Sicuramente questa forma di assorbimento e rielaborazione della mitologia è dovuta al fatto che sono stanco di guardare film che ti spiegano tutto e perdono un intero atto a presentare il mito. Ho detto basta, arriviamo al punto! Il film è stato scritto un anno e mezzo prima della pandemia, e sono sorpreso dai collegamenti che sembra avere con questa emergenza sanitaria. Il punto più interessante, per me, è raccontare come la società nelle sue diverse classi può reagire a una malattia contagiosa che capisce poco. Ed è proprio la società malata che mi ha ispirato a scrivere questa sceneggiatura: come le ideologie di estrema destra stanno crescendo nel mondo, come la società diffonde odio sui social network, che diventano ogni giorno luoghi virtuali più folli…

[LR]: All’interno del film sembri voler spostare sempre più avanti il livello di sopportazione dello spettatore nella visualizzazione del Male. Si parte da uno visivamente nauseante, per arrivare a altri più inaspettati e inquietanti a livello emotivo o psicologico. Come hai strutturato questa escalation?

[DR]: Ho sempre voluto raccontare il tragico viaggio di Pedro, volevo incollare lo spettatore alla sofferenza e alla follia del nostro protagonista. Ho iniziato a scrivere senza pensare alla struttura, semplicemente andando avanti come in un road movie in cui le cose continuano ad accadere, ma a metà della sceneggiatura erano già accadute così tante cose straordinarie e con così tanta azione che ho deciso di immergere il terzo atto in un film più oscuro, inquietante e maledetto. Perché l’azione avvenuta durante la prima ora mi ha fatto sospettare che dovevo fare un cambiamento. Personalmente penso che quando guardi un film con azione costante arrivi un momento in cui nulla ti sorprende e il terrore riguarda sempre la sorpresa. Quindi dopo aver incassato tanti schiaffi, la mia intenzione era quella di immergere lo spettatore in un’altra atmosfera completamente nuova, che era il terzo atto del film.

[LR]: I personaggi di When Evil Lurks sono sprofondati in un mondo in cui, una volta caduti fra le braccia del Male, non esiste redenzione. La via d’uscita prevede la morte e solo seguendo alcune precise indicazioni. All’interno di questo mondo, il personaggio affidato ad Ezekiel Rodriguez è l’unico a voler stravolgere le regole e pur non essendo affatto un eroe, è il motore trainante della storia. Come avete lavorato sul personaggio? Come definiresti la visione della vita che costruisci nel film? Nichilista, pessimista?

[DR]: Volevo rendere Pedro un vero eroe, con più errori che successi, che possa sfidarci come esseri umani che hanno commesso errori. Tutti i personaggi del film nascondono qualcosa, hanno qualcosa nel passato che permea il film, e quel qualcosa genera senso di colpa, perché il senso di colpa è sempre una grande motivazione per i nostri personaggi. Quello che volevo fare con Pedro era dargli un passato potente e oscuro, far sì che tutta la città ne parlasse, si sentisse in colpa e gli facesse dubitare di essere pazzo, cosa di cui anche lo spettatore finisce per dubitare. Il momento di agire contro il diavolo è l’occasione per la sua redenzione, per saldare il debito con la famiglia. Naturalmente, anche Pedro vive in campagna, il che implica il suo modo di essere violento, la sua rusticità e i suoi codici. Ma beh, tutto questo non si sarebbe visto se non avessi avuto un attore che lo ha elevato ed è quello che ha fatto Ezequiel. Un grande attore che ha saputo interpretare ciò che il personaggio gli chiedeva. La visione finale è nichilista perché realistica, è un confronto tra un potente demone e una famiglia disfunzionale, forse se fosse un film di Hollywood troverebbero un pugnale magico, qui ci sono umani che nella disperazione commettono errori e prendono decisioni affrettate. C’è inoltre un filmmaker che non vuole mancare di rispetto a una storia dell’orrore rovinandola con un lieto fine.

 

[LR]: Ci sono film del filone esorcistico che ti hanno davvero spaventato, tralasciando “L’esorcista” di Friedkin? E cosa, invece, non ti convince proprio dei cliché usati in questo sottogenere?

[DR]: L’esorcista consolidò il sotto-Genere e l’atto di esorcizzare divenne esso stesso una parodia. Onestamente, i film con esorcismi mi annoiano un po’, perché si nota la ricerca del regista di trovare una nuova svolta per un uomo posseduto che giace in un letto e un prete che prega. Forse L’esorcismo di Emily Rose era un po’ meglio.

[LR]: Durante questo ritratto del Male, non ti sei mai fatto mancare un approccio grafico. Ma ci sono almeno tre momenti di violenza [due riguardano degli animali, la terza una madre e un bambino] orchestrati benissimo e psicologicamente molto pesanti. Ci racconti come hai lavorato con il reparto degli effetti speciali e come sono nate queste scene?

[DR]: La scena del cane è stata la più discussa in anticipo con le aree di effetti Practical FX e VFX, quasi un anno alla ricerca di alternative e consulenza di specialisti. Dipendevamo molto dal fatto che questo effetto fosse buono, all’inizio dovevo girare l’intera scena in sequenza, ma alla fine ho dovuto tagliarla a metà perché era molto difficile coordinare cane e bambini nelle sequenze, oltre agli effetti. La scena della madre con il bambino non era così complessa con gli effetti, ma piuttosto con il movimento della macchina da presa, un movimento semicircolare di un’auto in un piano sequenza e poi l’incidente… La verità è che ora inizio a dimenticarlo, ma è stato un gran casino. Ma la più difficile alla fine si è rivelata la scena con le capre, perché era in un ambiente su cui non avevo alcun controllo: all’aria aperta. Oltre agli FX c’erano capre che erano pazze e facevano quello che volevano.

A cura di Luca Ruocco

[Roma, luglio 2023]

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