Home / Rubriche / Horrorscopio / THE CROW – IL CORVO di Rupert Sanders

THE CROW – IL CORVO di Rupert Sanders

“Il dolore è il mio potere”

A qualcuno potrebbe sembrare strano che venga fatta un’importante citazione tratta da Il corvo 2, sequel diretto da Tim Pope nel 1996 e martoriato al montaggio dai fratelli Weinstein [sì, uno dei due è Harvey, in prigione per violenza sessuale]. Nondimeno, la frase ben si addice a ciò che è l’essenza de Il corvo e a come sia stato concepito: un ubriaco al volante; una giovane innocente strappata alla vita; il suo compagno straziato dall’accaduto; sofferenza e senso di colpa espressi in un fumetto; la nascita di un capolavoro underground. Poi, alcuni anni dopo… un’altra giovane anima, una negligenza inscusabile. Ancora una vita interrotta. Questo è Il corvo, l’angosciosa opera di James O’Barr. Questo è Il corvo – The Crow, il tragico film di Alex Proyas che ha portato alla morte Brandon Lee. Amore e sofferenza sfogati nell’arte.

Ciò che senza alcun dubbio non è Il corvo, è quest’ultima abominevole opera senz’anima del regista Rupert Sanders [Biancaneve e il cacciatore, Ghost in the Shell]. Era dal 2008 che si sentiva parlare di un nuovo adattamento cinematografico: dalla prima idea – discutibile – di Stephen Norrington [Blade] di girarlo in stile documentaristico, al coinvolgimento di Juan Carlos Fresnadillo [28 settimane dopo], fino all’ispirata visione di F. Javier Gutiérrez [The Ring 3].

“Non voglio rifare quel film, è perfetto così com’è. Voglio fare il tuo libro. Letteralmente un adattamento pagina per pagina”. Ecco cosa disse il regista a O’Barr, quale sarebbe stata la formula giusta, la più razionale e riverente. Con l’approvazione e la consulenza creativa dell’autore stesso sulla nuova esecuzione, Eric / Il Corvo avrebbe avuto il volto di Luke Evans e sarebbe tornato a volare sulle note dei Joy Division e dei The Cure [già autori di “Burn”, scritta per il film originale].

E invece altri disguidi hanno portato all’abbandono di Gutiérrez e al coinvolgimento dell’altrettanto ispirato Corin Hardy [The Nun], così come all’addio di Evans in favore di Jack Huston prima e di Jason Momoa dopo. Quest’ultimo sarebbe stato quindi un Eric possente, ma pur sempre vittima degli eventi. Niente da fare: secondo Samuel Hadida e i suoi associati, non sarebbe stata necessaria alcuna fedeltà, nessun rispetto per il materiale originale. Largo alle nuove generazioni! Basta ricoprire il personaggio di tatuaggi, dargli una capigliatura e dei vestiti in stile hip hop/trap e il gioco è fatto. Addio a quei vecchiardi dark gotici degli anni ‘80-‘90.

Ma al di là di tale ammodernamento, qual è il contenuto? In questo pessimo adattamento, Eric [non più “Draven”, proprio come nella serie a fumetti, e con il volto di Bill Skarsgård] è un giovane dal triste passato, in cura presso un centro di recupero. L’arrivo in clinica di Shelly [non “Webster”, interpretata da FKA Twigs] inebria immediatamente il giovane, portando i due ad innamorarsi e ad evadere insieme verso una nuova vita. Tuttavia, un oscuro segreto pervade i trascorsi della ragazza, portando la coppia ad essere crudelmente uccisa per ordine del demoniaco Vincent Roeg [Danny Huston]. Eric tornerà subito in vita, sotto la guida di Kronos [Sami Bouajila], per vendicarsi dei responsabili e… per scoprire se l’amore fra lui e Shelly sia effettivamente autentico.

Dunque, l’idea sarebbe quella di approfondire i personaggi, il loro passato, contestualizzandoli in un mondo moderno fatto di smartphone e quant’altro. Queste integrazioni, però, distolgono lo sguardo da quello che dovrebbe realmente essere il protagonista della storia: l’amore. Basta soltanto questo. Una casa e il legame indissolubile, all’infuori dei trascorsi o delle mansioni [il mestiere di Eric è incerto nel fumetto, mentre nel film del ‘94 è un musicista]. L’innamoramento in questo nuova pellicola è affrettato e poco attendibile, oltre che apertamente dubbioso.

Interrogativi e insicurezze pervadono la missione del giovane resuscitato, in una casuale e tentennante caccia a sicari anonimi capeggiati da un mediocre individuo maligno, impersonato quanto basta da Danny Huston. Niente più T-Bird, Funboy, Top Dollar… non pervenuti. Il tutto in un’ambientazione più vivida e impersonale – che fa il verso a colorazioni prese dalla Trilogia de Il cavaliere oscuro di Nolan o dal The Batman di Matt Reeves – a sfavore di una simil Detroit nera e disperata. Tutto questo senza che Eric, per lungo tempo spaesato, esibisca il noto make-up per circa l’intera durata, fino al raggiungimento della piena consapevolezza [sulle forzate note di “Boadicea” di Enya], facendo inoltre continuo andirivieni fra il mondo che divide quello dei vivi e dei morti. Qui primeggia il misterioso Kronos, un riduttivo ibrido fra Skull Cowboy e il Corvo [il volatile] parlante, i due spiriti guida della graphic novel. Il problema di questo nuovo personaggio [e della trama in sé] è che offre al protagonista un rimedio all’accaduto… un modo per rettificare la morte stessa. E non c’è idea più sbagliata.

Il corvo poi, ovvero il pennuto in sé, non ha alcuna ragione di esistere, se non per svolazzare e starsene appollaiato ad osservare di tanto in tanto il risorto nelle sue azioni.

Ecco le trovate di questo filmaccio. Un minestrone senza sapore, con ingredienti presi a caso dai fumetti [il cavallo bianco impigliato nel filo spinato, ovviamente mal utilizzato] o dalla pellicola originale [“Un tempo la gente era convinta che quando qualcuno moriva un corvo portava la sua anima nella terra dei morti…”] e mescolati con cattivo gusto. Altri, fondamentali, sono stati del tutto ignorati. Sembra quasi che il lavoro di James O’Barr sia stato preso e cestinato senza ritegno, senza neanche essere stato letto. Qualcuno potrà obiettare che anche il film del 1994 non era poi così fedele alla storia pubblicata, ma il cuore, le atmosfere, il senso e il messaggio erano rimasti immutati. Se si fosse trattato di una sorta di ennesimo seguito stand-alone, con nomi differenti [Henry? Kelly? C’è da sbizzarrirsi], la situazione apparirebbe meno grave. Ma qui si tratta di Eric e Shelly. Quegli Eric e Shelly!

Il franchise è sempre rimasto in mano a gente che non ha mai voluto comprendere appieno, ed è assurdo come dopo tutti questi anni, con un flop dopo l’altro, la lezione non sia stata per niente imparata, specialmente dopo l’ignobile Il corvo – Preghiera maledetta. Ma The Crow – Il corvo [2024] è andato oltre il peggio che ci si poteva aspettare, conferendo paradossalmente più rispettabilità agli scadenti sequel, soprattutto al secondo e al terzo film [che sulla carta poteva anche funzionare]. Perfino alla serie televisiva, Stairway to Heaven. Credevano davvero di attirare il pubblico con questa ennesima oscenità e di farci dei soldi?

Dispiace soprattutto per il buon Bill Skarsgård, che si è ritrovato immischiato in questo pasticcio e che sicuramente avrebbe reso giustizia all’Eric cartaceo, onorando ancor di più il lavoro di Brandon Lee. Al suo fianco, una FKA Twigs che non brilla certo per le sue doti recitative.

Concludendo, questo The Crow – Il corvo è una grave occasione sprecata: insignificante, fiacco, superficiale, ma soprattutto noioso e senza una regia solida. Ci si sveglia soltanto durante la scena del teatro, con l’azione orchestrata palesemente in stile John Wick.

Ciò che hanno compiuto i realizzatori di questa pellicola non è poi così differente dall’atto irresponsabile di ubriacarsi e salire in auto, noncuranti di chi cammina innocente per strada. Equivale a ciò che T-Bird, Funboy, Tom Tom e Tin Tin hanno fatto nel fumetto a Eric e Shelly. Equivale a sparare due volte in testa ad un povero ragazzo. Equivale a violentare un essere puro e bellissimo. Equivale a non controllare se la pistola caricata a salve sia davvero sicura. Equivale a sparare di nuovo, ignari, su quel maledetto set. Per oltre trent’anni è rimasta impressa al grande pubblico un’importante frase, “Non può piovere per sempre”. Chi scrive conclude questa recensione con un’altra citazione, presa direttamente dalle pagine firmate con dolore da James O’Barr, con la preghiera che venga in qualche modo ricordata.

“Dio del cielo. Come hai potuto farle questo? Come hai potuto creare qualcosa di così bello e delicato ed innocente, per poi distruggerlo? Come hai potuto farlo? Come hai potuto farla soffrire così tanto? Maledetto”.

Luca Pernisco

THE CROW – IL CORVO

Regia: Rupert Sanders

Con: Bill Skarsgård, FKA Twigs, Danny Huston, Laura Birn, Sami Bouajila, Josette Simon, Jordan Bolger, Isabella Wei

Uscita in Italia: mercoledì 28 agosto 2024

Sceneggiatura: Zach Baylin, William Schneider

Produzione: Pressman Film, Davis Films, The Electric Shadow Company, Ashland Hill Media Finance, Hassell Free Productions, Media Capital Technologies, 30West

Distribuzione: Eagle Pictures

Anno: 2024

Durata: 111’

InGenere Cinema

x

Check Also

PETER GREENAWAY AL MUSEO NAZIONALE DEL CINEMA

Il Museo Nazionale del Cinema di Torino celebra il genio creativo dell’artista britannico Peter Greenaway, ...