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FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2024 – Il Report

Si è appena conclusa la diciannovesima edizione de La Festa del Cinema Di Roma e noi come ogni anno siamo andati a pescare, nel ricco programma della kermesse capitolina, alcune delle pellicole di Genere più interessanti. Qui di seguito, il nostro consueto report che spazia dal body horror alla commedia sportiva, passando per un musical che non ti aspettati, un killer seriale già di culto e un Muccino action come non avevamo mai visto.

Sigla!

THE SUBSTANCE di Coralie Fargeat

Partiamo subito fortissimo con l’horror cronenberghiano, folle e anarchico di Coralie Fargeat, The Substance che dopo il premio per la miglior sceneggiatura all’ultimo Festival di Cannes, arriva a sconvolgere il pubblico della Festa. Con un’eleganza formale al limite del feticismo, un sound design potente e disturbante e una volontà politica di mostrare l’ossessionata passione per il corpo femminile da parte del maschio di potere, The Substance appare come un horror sfrontato e ironico che non ha mai il timore di andare fino in fondo. Fargeat, infatti, vuole mostrare, vuole far vedere allo spettatore ciò che teme di più, vale a dire il proprio costante sguardo addosso al corpo.

Quella passione malata, eppure socialmente accettata, di guardare, desiderare, giudicare il corpo – specialmente quello femminile – come una consuetudine che scandisce le nostre giornate. Lo fa con un paradosso narrativo degno di Oscar Wilde che precipita inesorabilmente verso la follia più splatter che si poteva raggiungere. Imperdibile, Amici dell’Horror.

U.S. PALMENSE dei Manetti Bros.

Chiusa la parentesi cine-fumettistica con la trilogia di Diabolik, i fratelli Marco e Antonio Manetti tornano al cinema con una commedia sportiva davvero curiosa: un inconsueto incrocio tra Sergio Martino e Holly e Benji ambientato in Calabria.

Questo alla base di U.S. Palmense che alterna trovate fantasiose al limite del fantastico a momenti più introspettivi, ahinoi, meno riusciti. Se la rappresentazione del calcio giocato assume, nella visione dei Manetti Bros., un interessante aspetto cartoonesco con dilatazioni temporali o duelli degni dell’O.K. Corral, la satira di costume che vuole il calciatore famoso arrogante e viziato scontrarsi con la realtà semplice della città di Palmi non sembra avere la stessa ispirata riuscita.

Detto questo, U.S. Palmese, si presenta come feel good movie che ha senz’altro il merito di riportare sul grande schermo Max Mazzotta, attore dal talento smisurato troppo poco utilizzato dal nostro cinema che avrebbe tanto bisogno della irriverenza e della freschezza dell’interprete calabrese.

LONGLEGS di Oz Perkins

Era l’horror più atteso dell’anno preceduto da una campagna social divenuta subito virale, arrivato alla Festa del Cinema di Roma con un carico di aspettative non indifferente, ma per fortuna tutte ben riposte. Longlegs, ultima attesissima fatica di Oz Perkins non delude affatto mostrandosi come una pellicola dall’atmosfera solida ed inquietante e con un villain diventato già di culto.

Pernkins ripropone la sua riconoscibile idea di cinema nella quale l’horror è elegante, disturbante, dilatato, strisciate, allusivo e maligno, a cui si aggiunge un Nicolas Cage in grande forma.

Il risultato è una sorta de Il silenzio degli innocenti laido e satanista che fa del suo antagonista un centro di attrazione permanente. E forse qui si può ravvisare l’unico limite di questa operazione: una volta costruito un personaggio così iconico si genera un desiderio di esposizione che Perkins non è disposto a soddisfare e quando Cage non è nel film la tensione diminuisce e la narrazione ne risente. Ciò detto Longlegs è una pellicola di cui parleremo a lungo e che permetterà al suo regista di alzare ancora un altro po’ l’asticella del suo cinema.

FINO ALLA FINE di Gabriele Muccino

Giunto al suo tredicesimo film Gabriele Muccino si sgancia dal dramma famigliare che lo ha reso celebre, provando l’approccio al Genere mescolando action e crime. Il risultato è Fino alla fine, una pellicola che ha generato discussione ancor prima della sua premiere capitolina: l’oggetto del contendere è principalmente l’originalità del soggetto e della conseguente sceneggiatura. Sì perché a molti è parso di scorgere un manifesto rifacimento del film del 2015 di Sebastian Schipper, Victoria. Tuttavia, nei crediti del film non se ne fa menzione, anzi, la scrittura del film è attribuita allo stesso Muccino e a Paolo Costella lasciando intenderne la paternità originaria dell’opera.

Questo mistero non ha fatto bene al film che si è visto attribuire un costante confronto con l’opera tedesca [realizzata con un unico piano sequenza davvero impressionate] sminuendo il lavoro del regista romano, annichilendo di conseguenza anche l’ottima prova dell’intero cast in particolare della protagonista Elena Kampouris. Eppure, al netto di tutte le polemiche, Fino alla fine appare un film di grande mestiere e con momenti di azione degni di nota. Il cinema mediano di cui la nostra filmografia avrebbe bisogno, ma sfortunatamente dove c’è Muccino c’è pure un inutile polverone.

EMILIA PEREZ di Jacques Audiard

Ed eccoci giunti alla vera chicca di questa Festa numero 19: Emilia Perez di Jacques Audiard. Dopo l’enorme successo avuto al Festival di Cannes le aspettative erano alle stelle, ma anche in questo caso nessuna brutta sorpresa, anzi. Audiard realizza un film impossibile da immaginare, un musical su un gangster transessuale ambientato in Messico. Avete capito bene: un incredibile incontro tra Almodovar e Sollima che ha nel suo centro, dove le due linee s’incontrano, la musica e la danza.

Con un cast formidabile, una regia visionaria e uno script trai più originali e imprevedibili, il regista de Il profeta riesce in una missione impossibile, vale a dire restituire verità a una storia così artefatta e inverosimile. Un risultato che ha del miracoloso e che avrebbe mandato a sbattere il 90% dei cineasti di tutto il mondo. Un autentico spettacolo che dimostra quando il coraggio e la solidità della visione di un grande regista possa rendere l’esperienza cinematografica ancora inedita e sorprendente.

Paolo Gaudio

 

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