Amiche e Amici dell’Horror, sapete bene quanto ci teniamo alle tradizioni e una di quelle a cui non potremmo mai rinunciare sulle pagine di InGenereCinema.com riguarda la nostra lista di consigli di visione con Il Meglio del Cinema di Genere dell’anno in corso, ovviamente facendo riferimento ai titoli che chi scrive ha avuto modo di incontrare e scoprire in sala, incluse incursioni festivaliere.
Le regole del gioco, visto che parliamo di tradizioni, rimangono le stesse: cinque categorie e per ognuna di queste vi proponiamo quello che per noi è stato il miglior film, andando a scegliere sempre [dove è possibile] tra i titoli che hanno avuto una distribuzione [anche piccola] in sala.
Prima di dedicarvi a festeggiare nella maniera che più vi è congeniale la fine del 2024, vi lasciamo a quella che speriamo sarà una piacevole lettura e non dimenticate di farci sapere se i film che vi abbiamo proposto hanno incontrato i vostri gusti e quali avreste scelto per stilare una vostra lista!
A tutti voi un sereno 2025. Sigla!
Miglior Horror: NOSFERATU di Robert Eggers
Il regista di The Witch e The Lighthouse realizza un’opera grafica e tetra, estetica e dolente, nera e solenne. Un film che omaggia il capolavoro espressionista di Murnau – ma anche per certi versi quello di Herzog – allontanandosi, tuttavia, dal romanticismo del vampiro condannato a una vita senza amore, preferendo per il proprio adattamento un sentimento meno nobile eppure potentissimo: il desiderio erotico che tutto muove e tutto consuma.
Un oggetto cinematografico tecnicamente impeccabile – al limite dello stucchevole – che ricorda il lavoro di un illustratore, piuttosto di quello di un regista, che filtra una storia immortale e immobile nel nostro immaginario attraverso la propria visione cupa e algida. Una pellicola fortemente personale che gode e soffre di tutta l’idea di cinema che Eggers porta avanti con una dedizione incrollabile.
Nosferatu è una pura riflessione sul cinema, sul “come” piuttosto che sul “cosa” e sull’ossessione, tutta cinefila, verso ciò che ti ha stregato e fatto scegliere l’arte settima come proprio mezzo d’espressione.
–
Miglior Sci-Fi: ALIEN: ROMULUS di Fede Álvarez
Settimo capitolo del franchise che va a posizionarsi temporalmente tra il primo Alien [del 1979 e con la regia di Scott] e Aliens – Scontro finale [1986, Cameron].
Fede Álvarez, regista dal reboot de La casa mette per la prima volta al centro di un capitolo di questa saga un gruppo di giovani, ma il suo intento non è quello di dare una svolta teen e modaiola al film, né al futuro sviluppo del franchise Alien. La storia presenta costantemente un’atmosfera dark, che aumenta e diventa totale quando i ragazzi riescono ad attraccare la stazione abbandonata che dà titolo al film e che diventa quasi subito specchio riflesso [e per certi versi ingigantito] della Nostromo del film capostipite.
Álvarez conosce bene il mondo narrativo che gli è stato affidato, e questo si vede, in più lo tratta con rispetto e devozione, riuscendo a confezionare almeno un paio di sequenze da ricordare, una delle quali riguarda l’acido venefico che gli xenomorfi hanno al posto del sangue, in una situazione di totale assenza di gravità.
Fra i titoli che vi proponiamo è l’unico ad aver già raggiunto lo step della distribuzione home video con Eagle Pictures che, nell’edizione Standard Blu-Ray, include negli extra: Ritorno all’orrore: La lavorazione di Alien; Il look di Romulus in 4 parti: La visione del regista; Creare la storia; La scelta dei volti; Costruire un mondo; All’interno dello scontro tra Xenomorfi; Alien: una conversazione; Scene estese e alternative.
–
Miglior Fantastico: BEETLEJUICE BEETLEJUICE di Tim Burton
36 anni dopo il suo Beetlejuice – Spiritello Porcello Tim Burton torna sul luogo del delitto e si diverte a scovare sé stesso [o quella parte di sé che aveva lasciato andare o aveva un po’ smarrito lasciandosi trasportare da progetti che raccontavano davvero poco del suo mondo interiore] nei personaggi a cui aveva dato vita [o non-vita] nel suo secondo lungometraggi, negli oggetti e nei meccanismi che lo avevano portato a raccontare per la prima volta il suo visionario Aldilà: il plastico in cui è rinchiuso il bio-esorcista, il volantino che reclamizza i suoi servigi e invita il possibile cliente a invocarlo ripetendo il suo nome tre volte. Gran parte del nuovo film funziona meglio se ci si avvicina con un bagaglio di esperienza burtoniana, ma l’atmosfera surreale e mortifera e il divertimento con cui il regista ha riaperto una pagina importante del proprio trascorso autoriale sono cose che arrivano comunque.
L’Aldilà è quello riconoscibilissimo del primo film: molto spesso riassunto nell’ormai iconica sala d’aspetto delle anime appena trapassate, ma che qui si allarga in diverse aree dell’ufficio burocratico infernale [molto simile a quello del Dylan Dog di Sclavi]. Scopriamo che ci sono uffici in cui si possono scambiare i posti di un vivo e di un morto, perché in questo capitolo le strade di andata e ritorno tra il di qua e il di là si fanno pericolosamente a due corsie. Ma, per tornare alla descrizione dell’oltretomba, ci sono lunghe sequenze all’interno dell’agenzia di servizi di Beetlejuice, in cui vengono schiavizzati in una sorta di call center riconoscibili cadaveri dalla testa rimpicciolita tramite riti voodoo [il magnifico Bob in primis]; e poi c’è il Soul Train, mezzo di trasporto per le anime indirizzate altrove che si trasforma ogni volta in un momento di scatenato musical.
–
Miglior Bizzarro: THE SUBSTANCE di Coralie Fargeat
Ancora un horror, che premiamo come Miglior Bizzarro dell’anno per essere riuscito nell’intento di frullare insieme il body horror cronenberghiano, con una paura più weird ma non meno carnale e fisica alla Society -The Horror di Yuzna, scegliendo di ricercare allo stesso tempo la pulsione erotica, l’ironia graffiante e una critica sociale pungente.
Il film folle e anarchico di Coralie Fargeat, premiato all’ultimo Festival di Cannes per la migliore sceneggiatura, ha un’eleganza formale al limite del feticismo e la volontà politica di mostrare l’ossessionata passione per il corpo femminile da parte del maschio di potere. Fargeat vuole mostrare allo spettatore ciò che teme di più, vale a dire il proprio costante sguardo addosso al corpo. Quella passione malata, eppure socialmente accettata, di guardare, desiderare, giudicare il corpo – specialmente quello femminile – come una consuetudine che scandisce le nostre giornate. Lo fa con un paradosso narrativo degno di Oscar Wilde che precipita inesorabilmente verso la follia più splatter che si poteva raggiungere, inciampando piacevolmente in una versione al femminile del dottor Jekyll e del signor Hyde, in cui i ruoli non saranno mai del tutto definiti.
–
Miglior Indie: THE COMPLEX FORMS di Fabio D’Orta
Il lungometraggio di esordio di Fabio D’Orta è un indipendente vero, di quelli fatti con pochi soldi, ma con grandi idee e con la fede incrollabile nel riuscire a realizzarle al massimo delle proprie aspettative. Un film di Genere, sì, visto che tratta di possessione demoniaca o almeno della possessione di corpi umani da parte di creature mostruose, gigantesche e dalla forma aracnoide, che un po’ ci riportano ai Grandi Antichi di Lovecraft. L’orrore si accentua e allo stesso tempo diventa più concreto nel momento in cui D’Orta decide di raccontare un tipo di possessione che, però, viene cercata. I protagonisti della sua storia sono reietti, caduti in bassa fortuna. Una miseria così profonda che ha offuscato anche le loro coscienze, ha spento per sempre le loro vite e per questo scelgono di cedere il proprio corpo in cambio di una speranza di cambiamento. Anche se il cambiamento promesso potrebbe coincidere con lo scomparire per sempre.
The Complex Forms è un horror d’autore, ma è anche e soprattutto un racconto di sconfitte, di perdite, di errori a cui non si può porre rimendo. Anche fosse tutto qui, sarebbe già un titolo da cercare di vedere a tutti i costi. Ma la sorpresa delle sorprese riguarda la realizzazione del tutto: la scelta coerente del bianco e nero, i ritmi che si perdono in un’attesa quasi beckettiana dell’oblio, un cast di attori guidati da un David White al massimo della sua potenza performativa e la realizzazione davvero sorprendente delle enormi creature ragniformi [ad opera dello stesso regista].
Luca Ruocco e Paolo Gaudio