Conosciuto più come sceneggiatore [The terminal, 2004, di Steven Spielberg] che come regista, dopo Anvil. The story of Anvil, 2008, Sacha Gervasi torna dietro alla macchina da presa con un film molto atteso: Hitchcock.
Non si tratta di un film sulla biografia del regista, come potrebbe sembrare dal titolo, ma di un film che unisce la descrizione delle contorte fasi di realizzazione di Psycho, 1960, con quella della vita coniugale e professionale di Alfred Hitchcock con sua moglie, Alma Reville.
Tutto ha inizio con una divertente scena in cui vediamo uno dei serial killer più brutali e famosi d’America, Ed Gein, interpretato da Michael Wincott, dare sfogo alla sua follia con un colpo di zappa. Ed Gein, proprio per le modalità con cui compiva i crimini e per la morbosa attenzione con cui conservava gli organi e la pelle delle sue vittime, talvolta usandoli per arredare la sua casa, attrasse scrittori e registi, a cominciare da Robert Bloch, che nel 1959 scrisse Psycho prendendo proprio spunto dalla sua vita e dal suo morboso legame con la madre defunta, e mummificata in casa.
Gli stessi Leatherface o Hannibal Lecter sono una sua personificazione. Fu per la profonda e sconcertante personalità del criminale, oltre che per la sua estrema cattiveria, sulla quale tanto la cronaca nera aveva ricamato sopra, dalla metà degli anni ’40 in poi, che Hitchcock riportò in vita, nella fisicità di Anthony Perkins, Ed Gein, battezzandolo però Norman Bates.
Hitchcock aveva sessantuno anni, e una lunga carriera alle spalle, quando si trovò a dirigere Psycho, che succedeva a Intrigo internazionale, 1959. Nonostante il successo dei suoi film, e la fama che ormai si era conquistato, critica compresa, Psycho fu circondato da molte perplessità, a partire dai forti dubbi lanciati dalla casa di produzione Paramount, ai cui rigidi schemi su come scrivere e dirigere il prossimo film il regista si opponeva fervidamente [tanto da decidere di produrlo egli stesso], sia a causa di quelle che un tempo venivano considerate scene osé, come la scena in cui Janet Leigh/Marion Crane indossa solo il reggiseno, e l’amante, John Gavin/Sam Loovis è a torso nudo.
La censura cinematografica diede filo da torcere al regista, spaventata soprattutto dalla scena della doccia, che avrebbe dovuto mostrare il corpo nudo dell’attrice. In Hitchcock, Gervasi interseca il periodo di preparazione e di riprese di Psycho e i momenti di vita privata e coniugale del regista inglese, prestando attenzione ad una figura fondamentale per la sua vita e la sua carriera: sua moglie Alma. I due si conobbero sul set di Woman to woman, 1923, di Graham Cutts: Hitchcock nelle vesti di co-sceneggiatore e sua moglie nelle vesti di montatrice e segretaria di edizione.
Hitchcock è un film pieno di ironia, sarcastico, soprattutto nel raccontare i vizi della coppia Hitchcock-Reville, a partire dal loro modo di dormire, in rigidi letti singoli, lei con la maschera sugli occhi, lui sempre supino.
È Anthony Hopkins a impersonare Hitchcock, e lo fa con solita maestria di sempre. Stavolta, però, l’attore ha dovuto lavorare sulle movenze e sulla gestualità del regista, ripetendo ad esempio il suo modo di camminare con le mani dietro la schiena e la pancia in avanti. A firmare la sceneggiatura John J. McLaughlin [Il cigno nero, 2010], che ha lavorato prima di tutto sull’opera di demitizzazione di Hitchcock, cercando cioè di mostrarcelo per quello che Stephen Rebello ha raccontato nel suo libro Alfred Hitchcock and the Making of Psycho, e per come chi lo ha conosciuto ha riferito.
In realtà il film è poco incentrato sul periodo di regia di Psycho, perché basato maggiormente sulla crisi coniugale del regista e di Alma [interpretata da una altrettanto straordinaria Helen Mirren], che, dopo una vita trascorsa all’ombra del marito, per il quale ha lavorato a molte sceneggiature [come in Psycho], senza neanche comparire tra i nomi elencati nei titoli, decide di lavorare alla stesura del libro Taxi per Dubrovnik, di Whitfield Cook [Danny Huston]. La situazione si mette male quando Hitchcock si rende conto che sua moglie è attratta dall’uomo, e allora, pensando subito ad un tradimento, entra in crisi con sé stesso.
Buone, ma brevi, la presenze di Jessica Biel, nel ruolo di Vera Miles, di Scarlett Johansson nei panni della protagonista di Psycho, Janet Leigh, e di James D’Arcy in quelli di Anthony Perkins.
A Gervasi va dato senz’altro il merito di aver pensato ad un film che non cerca di esaltare Hitchcock, ma di mostrarci la sua personalità, i suoi difetti, le sue fissazioni, la sua caparbietà. In particolare ci si sofferma sulla vera passione di Hitchcock per le star del cinema, in particolare per le bionde, creando non poco imbarazzo nella moglie, che assisteva alle continue adulazioni del marito per le attrici, ma anche la sua delusione nei confronti delle attrici che nel corso della carriera lo hanno “abbandonato”, come la stessa Vera Miles o Grace Kelly [per non parlare dell’infelice trattamento di cui si lamentò Tippi Hedren in Gli uccelli, 1963]. Diverso invece è il rapporto con la sua storica segretaria, Peggy Robertson [Toni Collette], che lo sopporta pazientemente.
Gilda Signoretti
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HITCHCOCK
Regia: Sacha Gervasi
Con: Anthony Hopkins, Helen Mirren, Danny Huston, Toni Collette, Scarlett Johansson, Jessica Biel, James D’Arcy
Uscita in sala in Italia: giovedì 4 aprile 2013
Sceneggiatura: John J. McLaughlin
Produzione: The Montecito Picture Company, Cold Spring Pictures, Fox Searchlight Pictures
Distribuzione: 20th Century Fox
Anno: 2012
Durata: 98’