In una Francia spenta e irreale, Mishima e Lucrèce tengono fede ad una sorta di macabro giuramento di famiglia, portando avanti, come prima di loro avevano fatto i genitori e i nonni di lui, Il negozio dei suicidi.
Una bottega in cui gli aspiranti suicidi, annichiliti dalla nullità della propria esistenza e dalla tristezza che il mondo circostante continua a restituir loro come cordiale risposta alla tristezza quotidiana, possono trovare tranquillità nei competenti consigli dei due gestori e dei loro tristissimi figli Vincent e Marylin, sempre pronti a fornire al suicidante di turno l’adatto ausilio tecnico-creativo.
La morte è stata assimilata con tale passività dalla gente del borgo che l’esistenza stessa di un negozio che commerci unicamente attrezzi utili a raggiungere l’Altro Mondo, pare a tutti, ai Tuvache per primi, una cosa più che normale.
Uomini e donne più o meno anziani, ragazzi e persino bambini già stanchi di vivere, sanno di trovare all’interno della bottega dei Tuvache l’oggetto che potrà condurli alla dolce Morte: un cappio della giusta lunghezza, una caramella avvelenata, una sostanza chimica da annusare o, persino, un chimono con una croce rossa sul petto in cui affondare un’affilata spada per mettere in scena un tragico seppuku.
La vita all’interno del negozio, scorre monotona e piatta, pur se puntellata dalle frizzanti reclame con cui i Tuvache tentano di mantenere “viva” la loro attività [”Morti o rimborsati” ad esempio]. Questo fino a quando un terzo figlio, non voluto, arriva a tenere compagnia al primogenito sempre inappetente e vittima di continui e terrificanti emicranie, e alla seconda arrivata, schiacciata dalla paura di non possedere un corpo esteticamente affascinante.
Sin dal suo arrivo, il piccolo Alan, nonostante sia il frutto di un infelice tentativo dei genitori di testare uno dei preservativi bucati venduti nel negozio per una migliore diffusione delle malattie veneree, emana dagli occhi una luce differente. Sembra sorridere alla vita e, in effetti, lo dimostrerà negli anni successivi, quando inizierà a parlare, con la su “esse” moscia, e a tentare di cancellare la tristezza e il senso di sconfitta dalla mente dei suoi familiari e dei suoi concittadini.
L’arrivo di un tale piccolo messia, incompreso e osteggiato in un paese dedito al suicidio come unica soluzione ai problemi, avrà lo stesso effetto detonante di una bomba atomica.
Jean Teulé, autore di romanzi e piéce teatrali, dà vita ad una storia sopra le righe, drammatica proprio perché di un forte senso del grottesco, una realtà filtrata da una finzione cartoonesca, fumettistica, che tenta di rileggere il tema morte per suicidio, coniugando la possibilità di guardare ad esso con un sorriso, per quanto macabro o sardonico, sulla bocca.
Un tentativo coraggioso di corrompere un sabbioso e non crollato tabù, un messaggio ironico, ma forte, liberatorio, che ride pur indicando situazioni davvero seriose, che arrivano all’apice nel finale, davvero differente da quello visto nell’adattamento animato portato sullo schermo da Patrice Loconte.
Qualcosa, però, manca anche qui. Pur se in maniera meno incisiva, anche nell’originale di Teulé sarebbe stato ancor più spaesante e, quindi, avrebbe avuto un effetto più forte, se il modo di trattare il tema della morte e del suicidio fosse stato inclinato più sulle note del macabro e dell’iconoclastia, che su quelle del fumettistico e dell’ironico. Ma, tant’è, di letture come questa, leggere e nere, se ne fanno davvero poche.
Il negozio dei suicidi è edito da Vertigo Libri.
Luca Ruocco
–
IL NEGOZIO DEI SUICIDI
Autore: Jean Teulé
Editore: Vertigo Libri [www.vertigolibri.it]
Pagine: 176
Illustrazioni-Foto: No
Costo: 14,00 euro