Stefano Bessoni è probabilmente l’unico erede del gotico italiano, branca del nostro cinema fantastico inaugurata in grande stile da La maschera del demonio [1960] di Mario Bava e definitivamente scomparsa, dopo essere riuscita ad avvinghiare tra le sue spire alcuni fra i nostri migliori autori di Genere: da Freda a Margheriti, a Mastrocinque. Già col secondo dei suoi lungometraggi, Imago mortis [2008], l’unico arrivato in sala, Bessoni aveva messo in bella mostre tutte le sue carte da gioco: dall’affinità drammaturgica con gli ambienti oscuri e opprimenti [specchio esterno di uno stato d’animo sofferto] all’ossessione per la morte, le sue metafore e i suoi spettri.
Se Imago mortis era imperniato sul concetto di riuscire a fermare su pellicola l’ultima immagine registrata dalla retina di un moribondo,in Krokodyle [2010] il concetto di morte è allo stesso tempo latente e più ossessivo: la morte è innanzitutto morte della creatività, un decesso ideologico, imposto da un sistema produttivo, quello del cinema italiano, fossilizzato da troppo tempo su tematiche stereotipate e frigide. Ma la Nera Signora riappare in ogni fotogramma, cambiando forma e intenzioni e, passando attraverso la negazione di ogni rapporto sociale, arriva ad evolversi nelle raccapriccianti nature morte e nelle fiabe macabre, disegnate dallo stesso Bessoni [fine illustratore, oltre che regista], per arrivare a diventare negazione della morte, attraverso gli esperimenti alchemici e la creazione dell’homunculus.
Anche se potrà sembrare un controsenso, dopo quanto detto, Krokodyle [e questo è l’esperimento filmico in esso racchiuso] è un diario personale, un racconto autobiografico molto realista, che s’adorna delle passioni e degli interessi dell’autore, per arrivare a poterlo rappresentare a tutto tondo.
Kaspar, il giovane regista interpretato da Lorenzo Pedrotti, al suo primo ruolo da protagonista ma che aveva già collaborato con Bessoni proprio in Imago mortis, altro non è che un alter ego dell’autore, e il suo vivere male la difficoltà di riuscire a mettere in cantiere un progetto filmico lo avvicina ancora di più al suo creatore. Ugualmente il progetto di Kaspar di lavorare ad un film indipendente che sia una sorta di diario personale è allo stesso tempo nodo drammaturgico e una delle chiavi di lettura dello stesso Krokodyle. Un film sul film, quindi, ma anche un film dentro al film. Uno strano labirinto meta-cinematografico che Bessoni mette in cantiere per raccontare sé stesso e per minare le basi dell’industria mainstream, non solo rivolgendosi a co-produzioni indie, ma frazionando all’infinito il plot, arrivando a presentare una storia sì compiuta, ma ordinata in pagine singole e separate, sfogliabili, racchiuse all’interno di capitoli. Un film di immagini, ancor più che di dialoghi, ma di immagini che si impressionano con forza nella mente dello spettatore, unite dall’affidabile voce narrante di Pedrotti.
Lo stesso Bessoni riesce a sbriciolarsi per lasciare traccia di sé all’interno di ogni personaggio: da Bertolt Kleist [Francesco Martino], l’amico di Kaspar che langue nella depressione derivata dallo scarso successo di un’opera prima finita nelle mani delle major; a Helix [Jun Ichikawa], fotografa ossessionata dal macabro e dal decesso. Tutto il film, poi, è imperniato su tematiche affini alla personalità del regista e alle sue ossessioni: dal meta-cinema alla cripto-zoologia, dall’occultismo all’alchimia.
Di certo non un film perfetto. Sarebbe, anzi, troppo facile trovarvi dei difetti nell’eccessiva distensione dello svolgersi delle scene, e nella non troppo felice trovata che dovrebbe far da collante tra un capitolo e l’altro. Ma quel che è certo è che ci troviamo di fronte ad una prova importante, coraggiosa e “diversa”, partorita da una forte personalità autoriale.
A far da altare alle fantasie partorite da Bessoni, un perfetto lavoro scenografico, firmato da Briseide Siciliano, che esalta fin nei più piccoli particolari la naturale propensione verso il gotico e il dark di cui la storia è pregna, gli eleganti e affascinanti effetti speciali a cura di Leonardo Cruciano che si sposano in maniera naturale e perfettamente organica con gli effetti visivi e le integrazioni digitali curate da Bruno Albi Marini per Wonderlab [da manuale il segmento che vede protagonista una radice di mandragora] e la fotografia di Ugo Lo Pinto.
Stefano Bessoni, da maestro d’orchestra, sa dosare i davvero tanti ingredienti, regalando al pubblico una pellicola di difficile catalogazione ma importante e da scoprire.
Anche a livello attoriale, Krokodyle può vantare un cast solido e di presa, a partire dal protagonista, Lorenzo Pedrotti che, con modi silenziosi e quasi intimisti, disegna un Kaspar credibile, e offre un’interpretazione più che apprezzabile nelle diverse atmosfere e situazioni in cui verrà calato. Degna di nota anche l’interpretazione di Jun Ichikawa, la fotografa della morte e l’ideale compagna del regista Kaspar.
Krokodyle è la conferma concreta di un’autorialità importante da tenere d’occhio. Il film sarà proiettato venerdì 29 Aprile durante il Comicon 2011 di Napoli, per informazioni visitate il sito www.comicon.it.
Luca Ruocco
Regia: Stefano Bessoni
Con: Lorenzo Pedrotti, Jun Ichikawa, Franco Pistoni, Francesco Martino, Orfeo Orlando
Anno: 2010
Durata:
Uscita in sala in Italia:
Sceneggiatura: Stefano Bessoni
Produzione: Interzone Visions, Leonardo Cruciano Workshop
Distribuzione: /
Trailer: